La Nuova Sardegna

Sassari

La piccola pesca chiede due mesi di fermo biologico

di Roberto Spezzigu

Assemblea degli operatori della pesca tradizionale Affrontati diversi problemi e ipotizzate alcune soluzioni

29 novembre 2015
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SASSARI. «ll mare è morto. È troppo sfruttato e bisogna fare qualcosa perché c'è sempre meno pesce e, di conseguenza, sempre meno guadagno per chi esercita la piccola pesca». Questo il grido di allarme del mondo della piccola pesca sarda, che si è riunita ieri nei locali del porto di Castelsardo su sollecitazione della cooperativa di pescatori dell’Isola Rossa. Una folta rappresentanza delle cooperative della piccola pesca sarda, provenienti da Bosa, Castelsardo, La Caletta-Siniscola, Isola Rossa, Santa Teresa, Stintino, Alghero e Porto Torres e con l’adesione dei pescatori di Oristano e Sant’Antioco, ha sviscerato i principali problemi che affliggono il comparto che conta circa 1300 barche, oltre 2000 addetti e 10 mila lavoratori nell’indotto. Coordinata da Tonino Impagliazzo di Santa Teresa, da Maria Nichino della cooperativa Santa Barbara di Bosa e da Mauro Morlè dei pescatori dell’Isola Rossa, l’assemblea dei pescatori ha affrontato i problemi che affliggono la pesca sarda e deciso di chiedere un incontro urgente con l’assessore regionale all’Agricoltura, con il presidente Pigliaru e le associazioni di categoria. «Il mare è troppo sfruttato e bisogna fare immediatamente qualcosa per bloccare questa agonia. Bisogna – è stata la conclusione – ripristinare immediatamente il fermo biologico, almeno per 2 mesi (possibilmente febbraio e marzo). Tutti abbiamo riscontrato un notevole calo del pescato e bisogna agire subito». Magari puntando anche sulle zone di ripopolamento. «Ci sono alcune aree di ripopolamento, solo per l’aragosta e per l’astice, ma sono gestite male e così sono inefficaci – è stato detto –. Potrebbero esserlo, come conferma l’esperienza di altre regioni, per tutte le specie ittiche ma vanno gestite diversamente da come viene fatto ora in Sardegna».

Tonni e delfini. Bisogna trovare una soluzione al problema dei delfini che, oltre a mangiare tanto pesce (circa 80 chili al giorno), distruggono le reti procurando danni ingenti. Una soluzione va cercata a ogni costo «magari con i dissuasori, che sappiamo che in vari casi funzionano. Per quanto riguarda i tonni in Sardegna sono numerosi. La loro pesca avrebbe potuto aiutarsi a far quadrare i bilanci. Non vogliamo quote ma solo che venga liberalizzata la pesca accidentale e conseguentemente che ci venga permesso di venderli. A causa di una normativa contorta siamo passibili di sanzione sia per averli pescato che per averlo issati a bordo».

Ricci. Un problema relativo alla pesca dei ricci è stato sollevato dalla rappresentante della cooperativa Santa Barbara, Maria Nichino: «A Cagliari hanno assegnato tutte le concessioni ai pescatori cagliaritani che minacciavano di bloccare il porto, togliendo la possibilità a tutti gli altri pescatori sardi di prelevare i ricci».

Strascico. «La soluzione, se vogliamo salvaguardare il mare, è far riconvertire la pesca a strascico, proibendola entro le sei miglia dalla costa. Hanno distrutto completamente diverse zone di riproduzione, rovinato i fondali distruggendo le praterie di posidonia che sono fondamentali per l’ecosistema marino».

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