La Nuova Sardegna

Sassari

Bilancio falso per svendere la Torres

Luca Fiori
Bilancio falso per svendere la Torres

L’ex presidente rossoblù Capitani indagato con altri due dirigenti per fatture emesse a fronte di operazioni inesistenti

18 giugno 2020
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SASSARI. Decine di fatture emesse tra il 2014 e il 2016 a fronte di operazioni inesistenti e un bilancio “truccato”, con l’indicazione di crediti da riscuotere per quasi mezzo milione di euro. Crediti con Regione e Comune di Sassari in realtà inventati così come il passivo, anche quello sgonfiato ad arte – secondo le accuse – per convincere chi doveva rilevare la società a concludere l’affare.

Il nome della Torres è finito ancora una volta nei fascicoli della Procura della Repubblica di Sassari per fatti che niente hanno a che vedere con lo sport e che gettano ulteriore fango su una società con 117 anni di storia e una tifoseria innamorata e costretta per troppe volte negli ultimi anni a soffrire non solo sulle gradinate dello stadio ma anche nelle aule dei tribunali.

Questa volta nel registro degli indagati è finito l’ex presidente Domenico Capitani, l’imprenditore 62enne di Cisterna Latina che aveva rilevato la società rossoblù nel 2013, per poi cederla tre anni dopo a Daniele Piraino, anche lui finito in un vicenda poco chiara legata alla Torres con l’accusa di estorsione. Insieme a Capitani sono finiti nell’inchiesta coordinata dal procuratore capo Gianni Caria anche il suo braccio destro Manolo Patalano, romano di 48 anni, e Gianni Sanavia, 69enne di Latina, per un periodo – durante la gestione Capitani – nominato amministratore unico della Torres. Secondo quanto accertato dagli investigatori del nucleo di polizia tributaria della guardia di finanza i tre indagati avrebbero commesso a vario titolo alcune operazioni illecite, emettendo per anni fatture a fronte di operazioni inesistenti e ingannato l’imprenditore siciliano Piraino, inserendo nel bilancio della società due grossi crediti che la Torres non avrebbe in realtà mai potuto riscuotere. Il primo di 350mila euro con la Regione e il secondo di poco più di 146mila euro con il Comune. La Regione – aveva denunciato durante un incontro pubblico la “Fondazione Torres” nel dicembre del 2015 – era risaputo che non avrebbe mai sborsato un centesimo, perché la società di Domenico Capitani, finito sotto inchiesta per una scommessa che quell’anno costò ai rossoblù la retrocessione in serie D, aveva perso la condizione fissata in maniera chiara dall’articolo 1 della legge regionale: essere una squadra professionistica. Il credito con il Comune di 146.674,00 euro, inserito nel bilancio quale rimborso per la spesa dell’impianto di videosorveglianza dello stadio, era anche quello inesigibile. Il sospetto degli inquirenti è che quella fattura non fosse in realtà mai stata pagata da chi gestiva i conti della società e nel bilancio non esisteva infatti una voce uguale e contraria. I giorni scorsi la guardia di finanza ha notificato ai tre indagati l’avviso di chiusura delle indagini da parte della Procura. A breve verrà fissata l’udienza in cui si deciderà sulla richiesta di rinvio a giudizio.

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