La Nuova Sardegna

Sassari

Osilo dice addio all’ultima mugnaia

di Mario Bonu
Osilo dice addio all’ultima mugnaia

Si è spenta a 89 anni Maria Carta: col marito Baingio Pisano ha “regnato” per trent’anni nella valle di San Lorenzo

21 dicembre 2021
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OSILO. All’età di 89 anni, se n’è andata Maria Carta, l’ultima dei “mulinarzos”, i mugnai che per secoli hanno fatto “cantare” la valle di San Lorenzo. Donna di grande temperamento e passione, Maria Carta aveva proseguito a lungo, anche dopo la cessazione negli anni ’80 dell’attività molitoria, a raccontare il mulino a frotte di studenti e di turisti, che si davano appuntamento a Fondo Valle, davanti alla grande ruota esterna del suo mulino.

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Quella macchina idraulica cui era indissolubilmente legata la vita della sua famiglia fin dai primi anni Cinquanta, quando vi andò ad abitare proveniente da Tergu, insieme al marito Baingio Pisano, uno dei mugnai più esperti e più intraprendenti della valle. «Sono arrivata nel mulino nel 1953 – aveva ricordato qualche anno fa – e i primi tempi non riuscivo a sopportare quel frastuono che ci accompagnava giorno e notte. Ma poi, man mano, ne ho capito l’importanza, perché il silenzio significava che qualcosa si era rotto, per cui l’attività si fermava». E in una intervista più recente ad Antonio Strinna, per il libro “San Lorenzo, la valle dei mulini”, alla domanda se le capitasse ancora di sentire il rumore dell’acqua che cade sulla ruota e il mormorio del mulino mentre macina il frumento aveva risposto: «A volte mi capita, sì, e so bene che almeno nella mia memoria il mulino continua a vivere. E ascoltandolo ritrovo me stessa, il mio matrimonio, i miei figli, e le tante speranze che qui ho coltivato». Quei figli - Franca, Dino, Emanuele e Annalisa (fondatrice assieme ad Antonio Strinna dell’associazione “Badde Lontana”) che ripercorrendo le orme della mamma, continua a raccontare a studenti e turisti di ingranaggi e chiliros, prima nel mulino di famiglia, poi in quello restaurato dal Comune.

In questo modo ridando voce ad una civiltà secolare, che ha forgiato la valle e il carattere dei suoi abitanti. Perché i 36 mulini distribuiti lungo i tre chilometri del rio San Lorenzo, che arrivavano a produrre anche 300 quintali di farina al giorno, e davano occupazione diretta ad una settantina di famiglie, rappresentavano sì un fatto economico, ma diventavano anche un decisivo motore di civiltà, per le competenze che quelle complesse macchine idrauliche richiedevano, e per gli scambi, non solo economici, dei mulinarzos della valle con le genti di tutto il Nord Sardegna. Un ruolo, che in certi momenti storici, divenne centrale anche per la città di Sassari, soprattutto nei periodi di siccità, quando i mulini della città erano costretti a fermarsi. Lo ha ricordato tempo fa Paolo Cau, storico e archivista, che alle storie dell’acqua e dei mulini ha dedicato molte delle sue ricerche: «nel 1719 i molineros di San Lorenzo protestano contro la precettazione decisa dal Governatore per impiegarli nella molitura del cosidetto “trigo del Rey”: l'ordinanza prescriveva l'obbligo di andare a prendere il grano a Sassari e di riportarlo in città trasformato in farina».
 

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