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«Emozionato, certo. E non poco»

Roberto Sanna
Stefano Sardara
Stefano Sardara

Stefano Sardara a poche ore dalla “prima” ufficiale come presidente

08 ottobre 2011
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SASSARI. Aveva vissuto altre vigilie di campionato da presidente con la Torres in serie C e la Robur in B dilettanti, le aveva vissute anche con la Dinamo da “semplice” dirigente. Ma la prima volta da presidente in Serie A non può non avere qualcosa di speciale per Stefano Sardara che a bordo campo durante gli allenamenti quasi conta le ore che lo separano da Banco di Sardegna-Novipiù Casale Monferrato: «Mi sento emozionato. Non è roba da poco conto, essere il presidente di una squadra di Serie A significa anche avere grandi pressioni. Per questo sono emozionato. E anche entusiasta».

- Quando ha rilevato la Dinamo ha parlato del famoso «elefante» da dividere in pezzi e poi mangiare: come va il banchetto?
«L’elefante è dimagrito, andiamo avanti una fetta al giorno. Abbiamo fatto tanto e ancora tanto resta da fare, intendiamoci, bisognerà aspettare la fine del film».

- Impressioni?
«Diciamo che abbiamo cambiato genere. Prima era un thriller, adesso è una commedia. Dal punto di vista organizzativo abbiamo fatto grossi passi avanti, messo su una struttura che lavora bene, con delle competenze specifiche e ben suddivise. Su questo fronte siamo sereni e tranquilli».

- Ripartite da una stagione incredibile, con la Dinamo che si è piazzata sesta nella stagione da matricola.
«Quel risultato è stato straordinario, fuori da ogni standard. E per questo dobbiamo ripartire da zero. Credo che questa squadra, semmai, debba cercare di ripetere lo stesso cammino con gli stessi obiettivi: dobbiamo pensare a salvarci il prima possibile, poi vedere cosa si può fare di più. Ecco, l’ideale sarebbe ritrovarci nelle condizioni dello scorso campionato, con la salvezza raggiunta con largo anticipo».

- Siete già andati in controtendenza: di solito gli allenatori vengono confermati da metà stagione in poi, voi lo avete fatto prima ancora dell’inizio del campionato. Perchè?
«A me sembra un “non senso” operare nell’altro modo. Se ho un collaboratore che ha prodotto grandi risultati e ha piacere di continuare a rimanere con me, perché devo aspettare la fine dell’anno per vedere se tenerlo o meno? Il colloquio con Meo è durato dai 15 ai 20 secondi, gli ho fatto una sola domanda: hai piacere di stare ancora a Sassari e sulla panchina della Dinamo? Ha detto di sì e visto che anche a noi fa piacere averlo con noi l’accordo è arrivato da solo. È anche un discorso di programmazione: se vogliamo fare degli investimenti pluriennali con i giocatori, non possiamo pensare di prenderli e poi cambiare allenatore dopo qualche mese, col rischio di ritrovarci con un tecnico che quei giocatori invece non vuole allenarli».

- Proprio Meo Sacchetti ha detto che il prossimo obiettivo dev’essere quello di avere un giocatore sassarese capace di essere protagonista». «Sono d’accordo e credo sia un obiettivo raggiungibile: Massimo Chessa mi risulta che sia cresciuto a Sassari. Abbiamo aumentato l’impegno nelle giovanili e accorpato il minibasket, ora abbiamo un movimento di 400 tesserati. Abbiamo voluto due ex giocatori come Emanuele Rotondo e Nicola Bonsignori anche per dare a chi comincia a giocare a basket una figura carismatica di riferimento per i giovani».

- Adesso però deve dirci dove volete arrivare.
«Vinceremo lo scudetto... Ovviamente scherzo, sarà un campionato molto tosto e si sono tutte rafforzate: avete visto Teramo qui al torneo, vi è sembrata una squadra ripescata all’ultimo momento grazie alla wild-card? Poi c’è la “droga” del lockout Nba. Non parlo di Milano o Bologna, ma di squadre come Cremona che un Von Wafer non avrebbero mai potuto prenderlo».

- E la sua squadra che impressione le ha fatto?
«Premetto che sono l’ultimo che deve parlare di questioni tecniche. La sconfitta con Teramo ci ha fatto rimettere i piedi per terra, è stata utile. Io credo molto nel gruppo degli italiani, abbiamo fatto un break di 10-0 al Partizan con un quintetto “nostrano”. I cugini Diener sono un bel punto di forza, stimo molto Benson e Hosley ci dà tanta esperienza. Ci siamo anche noi, insomma. Vediamo domenica, sarebbe molto bello partire bene».

- E c’è anche il pubblico.
«Quello della Dinamo è un vero sesto uomo. Purtroppo sono stato a Torino a vedere Juventus-Milan, e dico purtroppo perché sono milanista, ho visto il nuovo stadio della Juventus e mi hanno detto che è stato costruito per avere un “effetto-palazzetto”. Ecco, i nostri tifosi sono così: sono da sempre il nostro primo intimidatore».
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