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Europei, cinque medaglie sono azzurre

Europei, cinque medaglie sono azzurre

Atletica indoor, all’appello manca Alessia Trost: solo quarta la primatista mondiale stagionale del salto in alto

04 marzo 2013
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Cinque medaglie: un oro, quello bellissimo conquistato dsabato nel salto triplo dal pugliese Daniele Greco, un argento e tre bronzi. Così la spedizione dell’atletica italiana ha chiuso Goteborg 2013, dove si sono disputati i campionati europei. All’appello manca sicuramente una medaglia: la bella stagione invernale di Alessia Trost si chiude infatti ai piedi del podio europeo. La ragazza di Pordenone conclude al quarto posto la finale dell’alto, con una misura di 1.92, che condivide con l’estone Iliutsenko (pari merito con l’azzurra) e con la bulgara Veneeva (sesta). L’oro va alla spagnola Ruth Beitia, unica capace di superare l’1,99, con le svedesi Ebba Jungmark (seconda, 1.96 al primo tentativo) ed Emma Green Tregaro (1.96 al secondo salto) a dividersi le altre piazze del podio. La Trost, presentatasi alla rassegna continentale forte del 2,00 realizzato il 29 gennaio scorso, miglior prestazione mondiale dell’anno, non è riuscita a mettere in pedana tutto il suo immenso talento, ma va anche ricordato che per lei si trattava del primo impegno internazionale assoluto, quindi dell’esordio in Nazionale. La saltatrice delle Fiamme Gialle compirà vent’anni venerdì prossimo: nessun dubbio che il futuro sia dalla sua parte, e anzi, questa esperienza si rivelerà utile per il futuro in pedana. La decisione della gara, come previsto, avviene nel passaggio da 1,92 a 1,96: le sei atlete rimaste in corsa (Trost compresa, ma non l’olimpionica belga Tia Hellebaut, eliminata a 1,92) diventano tre. Per le medaglie è cosa fatta, la spunta la più esperta del gruppo, Ruth Beitia, 33 anni, a conferma del fatto che in una specialità come l’alto, l’esperienza, la capacità di sostenere la tensione, sono fattori assolutamente decisivi.

«La tensione mi ha devastato – ammette la Trost – la qualificazione di ieri è stata un gara a tutti gli effetti, e probabilmente non sono riuscita a recuperare nello spazio di 24 ore. C’è un mix di emozioni contrapposte dentro di me: da una parte, la soddisfazione per un quarto posto che non mi dispiace del tutto, e per la bella stagione invernale; dall’altra, sono insoddisfatta per la misura che non è venuta qui, credo che l’1,96 avrei dovuto farlo». «È stata una esperienza importante – continua l’azzurra – Ora mi prenderò qualche giorno di riposo, e poi ricomincerò a lavorare duro. È l’unica cosa che devo fare».

Per l’Italia in mattinata c’era stato il bronzo di Simona La Mantia nel triplo donne, gara di cui era la campionessa continentale uscente. Così la spedizione targata Fidal ha chiuso Goteborg 2013 con un bottino complessivo di cinque medaglie. «Ho lottato con le unghie e con i denti per difendere il mio titolo – racconta la La Mantia nel dopo gara – e con un inverno diverso probabilmente sarei riuscita a farlo anche meglio di così. La Saladuha ha tolto subito di mezzo la medaglia d’oro, e noi altre (lei e la russa Irina Gumenyuk, poi seconda, ndr) ci siamo dovute “azzannare” per argento e bronzo. Sono felice di non essermi arresa». Il bendaggio all’anca, visibile in gara, è il segno dei problemi fisici. «Ho rimediato una sublussazione in allenamento, e ho dovuto rivedere i miei piani – dice la triplista palermitana – ho fatto tanta fisioterapia, lavoro alternativo, senza arrendermi. Quindi, a conti fatti, va bene così. Anzi, non va bene per niente – si corregge immediatamente – l’unica cosa che salvo è il fatto di esserci. Io ci sono».

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