La Nuova Sardegna

«Quando il cibo è bello è un po’ più buono»

di Roberto Sanna
«Quando il cibo è bello è un po’ più buono»

Oggi a Sassari la food-stylist cagliaritana Roberta Deiana

17 marzo 2016
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SASSARI. Il programma di cucina francese condotto dall’algida Nives Frigo è in calo di ascolti e per evitare una débacle la produzione inventa una soluzione estrema: affiancarle la pornostar Dorothy Corridoio, totalmente a digiuno della materia, che dovrà fare domande da principiante, assaggiare, addirittura muovere i primi passi ai fornelli. È lo spunto da cui prende vita “Sesso, droghe e macarones”, romanzo edito dalla Sperling & Kupfer della food blogger e food stylist Roberta Deiana che sarà in tour oggi a Sassari alle 18 alla libreria Koinè, con Giovanni Fancello, e domani a Nuoro alle 18 all'Exmè, Caffè letterario Nobel '26, con Pier Franco Fadda, in due appuntamenti organizzati da Lìberos in collaborazione con l'agenzia letteraria Kalama e le librerie Koinè e MieleAmaro. Roberta Deiana ha trascorso la prima metà della sua vita a Cagliari, dove è nata e si è laureata in lingue, e la seconda a Milano, dove si è trasferita per approfondire gli studi e ha finito per trovare lavoro in un settore che poco aveva a che fare con quello battuto per anni: «Volevo specializzarmi nel marketing – racconta – invece sono entrata nel vortice del cibo e non ne sono più uscita. Non sono una food blogger “pura” ma una food stylist, mi occupo della presentazione dei piatti nelle diverse situazioni».

Quello che nei vari cooking-show televisivi abbiamo imparato a conoscere come “impiattamento”?

«Questo è il termine che più rende l’idea. Per esempio, se c’è una cucina da presentare o esporre mi occupo dei piatti da abbinare in base allo stile e al “mood” che i clienti vogliono dare alla loro creazione. Ho anche aperto un blog, ma è secondario».

Quanto è importante la presentazione di un piatto? Insomma, il cibo se è bello può essere sul serio anche un po’ più buono?

«Tra i tanti aspetti del mio lavoro c’è anche quello, per esempio, di fornire diversi “trucchi di impiattamento” quando si decide di organizzare una cena. Penso che gli stessi piatti di tutti i giorni, presentati in maniera particolare, vengano percepiti come più buoni. Una presentazione particolare credo che possa aggiungere un senso di “speciale”».

Ha partecipato a diversi programmi televisivi: in questo momento gli chef sono le nuove star, modelli da imitare per i giovani. Come mai?

«È la televisione. Se cominciassero i programmi sui riparatori di piedini di tostatapane, tutti vorrebbero riparare piedini di tostatapane. Diciamo che è il trend del momento».

Spesso vediamo famosi chef proporre piatti che sembrano un po’ arditi o improbabili: dobbiamo veramente credere che siano buoni?

«Non dobbiamo credere a qualcosa perché ce lo dicono altri, il mio consiglio è sempre di trovare una propria dimensione del gusto. E poi provare tutto, perché no? Tenete presente che gli chef che fanno televisione non sono gli unici bravi, ce ne sono altri bravi quanto loro, o magari di più sconosciuti al grande pubblico, ma restano sempre dei grandi professionisti. Quello che dice un Cracco o un Cannvacciuolo io lo ascolterei sempre».

I cooking-show stanno proliferando, non arriveremo sul serio a un programma come quello del suo romanzo e un giorno vedremo Benedetta Parodi con Ilona Staller?

«Penso di no, almeno lo spero anche se davvero non si sa mai... Ho utilizzato la pornostar come paradosso per innescare e descrivere alcune situazioni: Dorothy ha il compito di scuotere lo stagno e far lievitare la storia. Mi sono divertita molto col mio primo romanzo, non riesco proprio a stare senza scrivere e negli scorsi anni mi ero già cimentata su tanti temi».

A proposito di presentazione: la Sardegna riuscirà prima o poi a liberarsi di cliché culinari come gnocchetti-porcetto-seadas che ancora la accompagnano?

«Ho già scritto un libro, “La cucina delle Janas”, e porto in giro questi argomenti. La questione è che ci sono chef bravissimi e creativi, come Petza, Pomata, Deidda e altri, ma restano spesso tra gli addetti ai lavori. Bisogna parlare alla massa ed è un compito che spetta a tutto il comparto dei ristoratori. Diciamo chec’è qualcosa che si sta smuovendo».

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