La Nuova Sardegna

La magia di un’isola sempre sorprendente

di Salvatote Tola
Cala Goloritzè, Baunei
Cala Goloritzè, Baunei

In edicola con La Nuova il volume “Il giro della Sardegna in 501 luoghi” di Gianmichele Lisai e Antonio Maccioni

25 maggio 2018
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Le scuole stanno per chiudere, le vacanze si avvicinano. Chi non lo ha fatto sinora inizia a fare progetti per l’estate. Per chi pensa di dedicarsi a esplorare l’isola arriva a proposito l’originale guida «Il giro della Sardegna in 501 luoghi» di Gianmichele Lisai e Antonio Maccioni, che La Nuova distribuisce in questi giorni (euro 6,70 più il prezzo del quotidiano).

Raccoglie indicazioni e suggerimenti che rispondono a tutti i gusti, a tutte le inclinazioni, in quasi 450 pagine sono descritti tutti i luoghi che meritano una visita. Mentre i lettori si accingono a scorrere queste pagine andiamo a vedere come e da chi l’opera ha avuto origine. Mentre Lisai è nato a Ozieri e vive nella penisola, Maccioni, originario di Scano Montiferro, abita e insegna a Bosa. Si sono conosciuti collaborando con case editrici di Bologna e di Roma, e hanno deciso di mettere insieme la loro inclinazione per questo genere di scrittura, nata della «scoperta della Sardegna» che hanno avuto occasione di fare prima di poterla proporre ai lettori. Lisai confessa che «a vent’anni le cose fuori dall’isola» gli «sembravano più interessanti», ma poi nel corso di un «viaggio esteso» in Sardegna iniziò «a comprendere la multiformità dell’isola, appassionandomi all’estensione e varietà del nostro patrimonio. Mi si era presentata l’occasione di studiarlo a fondo e raccontarlo: una cosa bellissima».

Poi dopo l’entusiasmo iniziale è venuta la riflessione sulla nuova realtà che andavano scoprendo e sulla opportunità di darne conto ai lettori. Per Gianmichele Lisai l’impulso ha avuto origine dalla sua esperienza di studente: «Sono mosso anche e soprattutto da un principio basilare: la necessità di divulgazione rispetto a un territorio e una cultura poco studiati dai sardi stessi, anche perché i programmi ministeriali all’interno delle scuole non brillano, in questo senso, per attenzione. Sono uscito dal liceo che sapevo un sacco di cose sulle piramidi ma senza avere idea del fatto che esistessero, giusto per fare un esempio, le regge nuragiche. Per me i nuraghi, al tempo, erano solo monotorre. Ho studiato da solo, per compensare, provo a fare divulgazione per una compensazione che si estenda, tra tutti limiti delle mie competenze e la capacità di distribuzione del nostro editore, dall’individuo alla collettività».

Antonio Maccioni si sofferma invece sugli effetti che il loro lavoro può avere sui lettori e dell’immagine dell’isola che ne può emergere: «Scrivere di Sardegna, dei suoi luoghi e della sua storia, significa interrogarsi sull’immagine che l’isola ha dato e dà di sé oltremare, ma anche sull’immaginario collettivo e sul modo in cui ogni sardo ama raccontarsi. Lo scopo è incuriosire avendo a cuore la verità dei fatti. Se la Sardegna è lontana dall’Italia, i sardi sono però cittadini del mondo e hanno avuto e hanno contatti con molte culture e molti popoli».

E la risposta dei lettori è arrivata, l’attenzione per le opere di questo genere che entrambi hanno varato negli anni scorsi è stata forte; e, dato curioso, si è indirizzata soprattutto verso i luoghi del cinema, «evidentemente quelli», dice Lisai «in cui sono stati rilevati più elementi sconosciuti e insoliti».



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