La Nuova Sardegna

«Il mio cinema che resiste nell’epoca dei selfie»

di Fabio Canessa
«Il mio cinema che resiste nell’epoca dei selfie»

Intervista con Konchalovskij, a Sassari per ricevere dal Sardinia Film Festival il premio alla carriera

13 luglio 2018
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SASSARI. Doppio interprete, dal russo e dall’inglese, a disposizione. Poco lavoro effettivo per loro. A sorpresa Andrej Konchalovskij decide di bypassare il filtro della traduzione e sceglie di confrontarsi, prima con i giornalisti e poi con il pubblico, in italiano. Nonostante le difficoltà di esprimere certi concetti in una lingua che non padroneggia completamente. Il rapporto diretto con le persone è più importante. E pazienza se a volte le risposte prendono strade un po’ diverse da quelle indotte dalle domande. Le parole del grande regista toccano temi importanti, fanno pensare. Come i suoi film migliori. Come “Paradise”, il suo ultimo lungometraggio, proiettato al Teatro Civico di Sassari per chiudere la serata dedicata dal Sardinia Film Festival a Konchalovskij.

PREMIO ALLA CARRIERA

Una scultura stilizzata in argento di un suonatore di launeddas. Ecco materialmente il premio alla carriera che dall’anno scorso il festival organizzato dal Cineclub Sassari Ficc dà a un grande regista. Dopo l’ungherese Béla Tarr, un altro maestro che ha segnato la storia del cinema: Andrej Konchalovskij. Che di premi ne ha ricevuti tanti, nei più grandi concorsi internazionali. Ma non fa differenze. «Per me questo festival ha la stessa importanza di Venezia, ho grande rispetto per queste realtà che aprono una finestra sul mondo in realtà periferiche dal punto di vista del cinema. Sono cosciente che è più difficile realizzare manifestazioni come questa che non il festival di Cannes, dove piovono molti soldi. Contesti così nascono davvero dall’entusiasmo, dalla passione».

L’AMORE PER L’ITALIA

Di entusiasmo e passione Konchalovskij dimostra di averne ancora da vendere. Ad agosto compirà 81 anni e dagli inizi con l’amico Tarkovskij a oggi la sua carriera ha vissuto diverse fasi: da autore raffinato nell’allora Unione Sovietica a regista dal successo anche commerciale negli Stati Uniti, dal ritorno in Russia a un nuovo periodo della sua attività creativa che adesso passa anche per l’Italia con la realizzazione di un film su Michelangelo. I rumors dicono che “Il peccato”, questo il titolo, potrebbe essere pronto per la Mostra del cinema di Venezia. Konchalovskij dice di non poterne parlare e si limita a dire che il suo obiettivo è soprattutto quello di «restituire gli odori, il profumo dell’epoca, del Rinascimento» e che non si tratta di un semplice biopic: «Mi interessa di più l’essere umano. Per questo motivo un film su un calzolaio può essere più interessante di uno su Michelangelo, non è il soggetto che conta. Dipenda da chi racconta la storia. Non esistono storie noiose, ma narratori sì. Dell’Amleto sono state fatte migliaia di rappresentazioni, però quelle veramente fantastiche sono poche».

LEZIONE NEOREALISTA

Nel film, girato soprattutto in Toscana, sono presenti molti attori non professionisti secondo una precisa scelta del regista russo. «Il cinema è per prima cosa una caccia al viso e oggi nei casting dei professionisti spesso si vedono volti tutti uguali. Le persone comuni possono essere la soluzione per restituire al meglio la verità, portare nel racconto la vita che è più ricca della fantasia». Una lezione ripresa dal Neorealismo, uno dei punti di riferimento nella formazione cinematografica di Konchalovskij.

ADDIO AMERICA

Un modo di fare cinema completamente diverso da quello sperimentato durante il periodo americano che lo ha portato a lavorare con star come Sylvester Stallone e Kurt Russell (in “Tango & Cash”) e che oggi non ama ricordare. «Parliamo di un’altra vita, ho dimenticato Hollywood. I film americani non permettono di riflettere, danno certezze, ci sono i buoni e i cattivi, sappiamo come andrà finire, ma le domande spesso sono più importanti delle risposte perché il senso della vita è il mistero. Il problema del nostro tempo è che popolarità equivale ad autorevolezza. Prima succedeva il contrario. Se in parte è una vittoria della libertà, dall’altra è anche una triste vittoria del mercato».

IL CINEMA OGGI

Un mercato che pensa più alla quantità che alla qualità, in un mondo dove il bombardamento di informazioni e immagini ha finito con il far perdere di valore le immagini stesse e la memoria: «Siamo nell’epoca dei selfie, un’immagine narcisistica senza senso, una memoria di plastica». Altri punti toccati da Konchalovskij nel suo discorso, considerazioni che lo hanno portato negli ultimi anni a riflettere sulla contemplazione, il silenzio, il valore delle immagini. «Oggi si possono fare film senza grossi budget, anche con l’iPhone. Il talento che devono dimostrare i giovani sta nella selezione».

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