La Nuova Sardegna

Al “Verdi” di Sassari 

I pensieri dei detenuti liberi dalle sbarre attraverso il teatro

I pensieri dei detenuti liberi dalle sbarre attraverso il teatro

La prima impressione è stata di stupore: «No, non credevo proprio che sarei riuscito a conversare con ragazzi così giovani. Sono un’altra cosa rispetto ai giovani che conservavo nella memoria».Mario...

19 ottobre 2019
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La prima impressione è stata di stupore: «No, non credevo proprio che sarei riuscito a conversare con ragazzi così giovani. Sono un’altra cosa rispetto ai giovani che conservavo nella memoria».

Mario (nome di comodo) ha passato gran parte della sua vita in carcere. Ne dovrà passare ancora una parte: «L’ultima dice lui, per poi riprendermi la mia vita in mano». Mario è uno degli autori del libro “La luna del pomeriggio”, frutto della partecipazione al gruppo di scrittura creativa, organizzato da Giovanni Gelsomino, che da cinque anni si tiene nella Casa di Reclusione Pittalis, il carcere di alta sicurezza di Nuchis. È uno dei 150 reclusi che arrivano dal meridione: Sicilia, Calabria, Puglia e Campania. Il libro sarà messo in scena il 23 e 24 ottobre al Teatro Verdi di Sassari (la prevendita dei biglietti è già cominciata). La regia è opera dell’esordiente Simone Gelsomino, laureando in scenografia all’Accademia delle Belle Arti di Urbino. Suo anche, col contributo di Luisanna Cuccuru, l’adattamento dei testi. Mario, grazie a un permesso del magistrato, ha potuto incontrare gli attori e quanti con la loro disinteressata collaborazione rendono possibile lo spettacolo (nella foto l’incontro tra autore e attori).

«Non pensavo – dice ancora Mario – che le nostre riflessioni avrebbero suscitato tanto interesse. Ovviamente questo fa piacere a me e a quanti in un anno e mezzo di lavoro hanno contribuito alla realizzazione del libro. Un libro che consiglio ai giovani di leggere, nelle pagine c’è molto dolore perché abbiamo chiara la consapevolezza di ciò che abbiamo fatto e quello che abbiamo perduto, io sono in carcere da quando avevo 28 anni, ma sono tantissimi quelli che ci arrivano a venti e poco più. C’è nelle pagine del libro il dolore per quello che abbiamo dovuto lasciare, abbiamo chiara la consapevolezza che per molti, molti anni abbiamo smesso di vivere. C’è gente nel nostro carcere che non esce da 35 anni. E ce ne sono molti, troppi, che usciranno nel 9999, vale a dire mai. Io pago per quello che ho fatto ed è giusto così». «Il progetto – spiega Simone Gelsomino – nasce per lo più dall’esigenza di raccontare una realtà solo apparentemente lontana, un luogo sospeso nel tempo, congelato, separato da noi (le nuove carceri compresa quella di Nuchis sono costruite in aperta campagna) e di cui si vuole conoscere il meno possibile. Nel 1983, in Palomar, Italo Calvino scriveva: “La luna del pomeriggio nessuno la guarda, ed è quello il momento in cui avrebbe più bisogno del nostro interessamento, dato che la sua esistenza è ancora in forse”. Questa frase, nella sua potenza, dà il senso, oltre che il nome, al lavoro che si sta svolgendo fuori e dentro il carcere. I temi sono tanti noi li vogliamo rappresentare con l’ambivalenza e la complessità che li caratterizzano. Non è casuale che le scene si svolgano in luoghi indistinti, in sogni e ricordi sbiaditi, come contesti surreali nei quali si possono trovare anche i più spontanei gesti del quotidiano».

Per i 18 attori (età compresa tra gli 11 e gli 82 anni) e per i più stretti collaboratori è stato un incontro-lezione che ha consentito a più di uno di ripensare in modo diverso qualche luogo comune di troppo sul carcere in Italia.



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