La Nuova Sardegna

Filippo Figari, un barbaro del Novecento

di RITA LADOGANA*
Filippo Figari, un barbaro del Novecento

Nell’affresco del Palazzo Civico di Cagliari l’esemplarità della cultura popolare isolana

06 febbraio 2020
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Nelle pagine del saggio “La civiltà di un popolo barbaro”, che il pittore cagliaritano Filippo Figari nel 1924 dedica alla stirpe sarda, si legge della vita comunitaria, degli usi e dei costumi di «gente che sa dare un’impronta di ingenua bellezza a tutte le manifestazioni della vita», di gente capace di esaltare con impensata ricchezza «ogni momento decisivo della esistenza» o, ancora, della gentile poesia dei contadini, in riferimento alla tradizione delle cerimonie nuziali.

ARCAICO E MODERNO

Con toni celebrativi e altisonanti e con un distacco a tratti mitizzante, Figari descrive l’esemplarità della cultura popolare isolana, residuo di un’identità etnica e culturale ancora intatta e non compromessa dall’ideologia del progresso. Le medesime intenzioni apologetiche sono il fondamento della sua arte e si ritrovano nelle immagini della sua ampia produzione, fin dagli esordi risalenti al primo decennio del Novecento: il vigore delle forme, la brillantezza dei colori e la magniloquenza delle composizioni contribuiscono a definire quella intonazione epica che distingue lo stile personale di Figari nel panorama della nuova generazione di artisti impegnati nella scoperta del fascino primitivo della Sardegna. La prima importante affermazione del pittore risale all’epoca in cui è coinvolto nella grande impresa della decorazione del Palazzo Civico di Cagliari, in misura maggiore rispetto agli altri artisti chiamati a collaborare, tra i quali Francesco Ciusa e Mario Delitala.

IL POPOLO NEL PALAZZO

Le contadine dalle pose eleganti e i contadini dal piglio austero e vigoroso, protagonisti delle scene dipinte per la Sala dei Matrimoni, a raccontare i secolari rituali delle nozze in Sardegna, segnano un momento di importante svolta per la storia della cultura isolana: Figari sancisce con le sue opere l’ingresso della vita popolare negli ambienti del Palazzo più importante della città, con un importante significato simbolico. Qualche anno più tardi, nella Sala del Consiglio, la ridondanza dei colori e l’esasperata definizione delle masse, proprie di un linguaggio d’avanguardia memore degli studi che Figari aveva compiuto a Monaco, rispondono alla volontà di accentuare oltre misura il tono glorificante, questa volta nella trattazione di un tema che riguarda la storia della città di Cagliari.

GRANDI IMPRESE

Figari nel capoluogo isolano ha ormai conquistato la chiara fama di pittore delle grandi imprese pubbliche e negli anni venti si aggiudica numerose nuove commissioni, tra le quali si distingue la decorazione della sala dell’Aula Magna del Rettorato dell’Università di Cagliari. Per consacrare il ruolo importante degli studi universitari il pittore fa ampio ricorso all’allegoria e al mito e nel pannello dedicato alla “Sardegna Industre” spicca il gruppo delle madri contadine lavoratrici, vestite con il costume di Atzara, a simboleggiare le risorse della terra e della famiglia. Sebbene la connotazione ideologica non sia immediatamente esplicita, l’argomento trattato confluisce certamente nella tematica ruralista cara al regime fascista, già largamente diffusa alla metà degli anni venti, quando nella cultura figurativa italiana iniziavano a riflettersi puntualmente i temi del fascismo.

Il rapporto di Figari con il regime si è ufficialmente consolidato nel 1929, quando il pittore viene nominato Segretario Regionale del Sindacato Fascista belle Arti e il suo nome si lega ad avvenimenti importanti: nel 1933 in occasione della IV mostra sindacale inaugura a Cagliari la Galleria Comuale d’arte e nel 1935 fonda la Scuola d’arte a Sassari. Negli anni Trenta, in coincidenza con l’affermarsi a livello nazionale della politica imperialista, che segna l’introduzione di misure più repressive anche in campo artistico, Figari è meno libero di indirizzare il suo lavoro all’esaltazione eroica del primitivo isolano nelle grandi decorazioni e si dedica soprattutto ai ritratti da cavalletto.

RITORNO ALLA POESIA

Ritroviamo nei ritratti delle sue donne di Atzara una ricerca che accentua il dato emozionale e rivela un tono poetico e intimista, sempre mantenendo l’alta qualità pittorica delle grandi opere, che lo pone tra i protagonisti dell’arte sarda del Novecento. Protagonisti che hanno offerto un “racconto” inedito della Sardegna che merita di continuare ad essere conosciuto, riscoperto e ancora apprezzato. Una finalità importante alla quale risponde la lodevole iniziativa della Nuova attraverso la promozione della collana dedicata ai grandi maestri.

*Università di Cagliari



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