La Nuova Sardegna

Imparare dalle favole: nelle ali delle fate i segreti del mondo

di Giacomo Mameli
Imparare dalle favole: nelle ali delle fate i segreti del mondo

Francesco Cheratzu editor delle Edizioni Condaghes: «Un settore trainante anche dell’editoria isolana» 

20 maggio 2020
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Nell’introduzione al libro “Fiabe sarde” di Sergio Atzeni e Rossana Copez (Edizioni Condaghes, 1996), il pedagogista Albino Bernardini (Siniscola 1917-Tivoli 2015), insegnante e scrittore (suo il capolavoro “Le bacchette di Lula”, 1969, La Nuova Italia), si era rivolto al pubblico che più amava, i suoi «cari bambini». Aveva scritto: «Le favole sono sempre belle. Ma queste di Sergio e Rossana sono nate dalla situazione in cui la gente di Sardegna viveva allora. La miseria, l’abbandono, l’isolamento, la paura, e allo stesso tempo la speranza che non abbandona mai gli uomini, dava sfogo a questi racconti. Naturalmente non poteva mancare la magia per mezzo della quale si può fare tutto (a parole naturalmente) quel che uno immagina. Esattamente il contrario della realtà in cui viviamo».

Bernardini, dopo aver citato Gianni Rodari, invitava bambine e bambini a costruire favole e consigliava: «Se non riuscite a inventare un folletto come quello delle “sette berrette”, costruitevelo con la vostra fantasia; fatelo volare, correre, apparire, scomparire, dategli i poteri che volete e vedrete che vi divertirete. Se farete questa esperienza sono convinto che non solo non butterete via questo libro come una vecchia scopa, ma imparerete a fare i compiti a scuola in modo diverso da come avete sempre fatto, perché ci metterete qualcosa di vostro e non solo quello che vi ha suggerito la maestra».

Sergio Atzeni e Rossana Copez, alla fine delle loro fiabe, tratte dalla raccolta di Gino Bottiglioni “Leggende e tradizioni della Sardegna”, (1922), avevano annotato: «Assistiamo al recupero della favolistica tradizionale. Il bambino ha necessità di conoscere anche fantasticamente l’universo che lo circonda. Noi concordiamo con questa impostazione e aggiungeremmo che la realtà va conosciuta sia fantasticamente che criticamente». Quel libro è stato e continua a essere un successo. «La media di vendita della nostra collana per ragazzi “Il trenino verde” si aggira tra le duemila e le 2500 copie, è quella che mediamente vende di più», confermano Francesco Cheratzu e Giovanni Manca, editori della casa editrice Condaghes. Riferendosi al solo libro Atzeni-Copez parlano di «oltre ventitremila copie vendute, record assoluto». I numeri, pur in un momento non felice per l’editoria, sono confortanti anche adesso. Cheratzu: «Lo scorso anno la collana ragazzi ha toccato il dieci per cento in più grazie ad autori come Claudia Zedda, Fabio Pisu, Rossana Copez e Tonino Oppes. Hanno saputo interpretare il carattere universale delle fiabe adattandolo alla realtà della nostra isola che ha un suo mondo magico, fantastico di alto livello».

Cheratzu e Manca – parlando di un’opera di Oppes, “Leggende sarde al chiaro di luna”, rimarcano: «Quei racconti sono figli e figlie della luna e del fuoco. I vecchi, nelle notti d’estate, a lughe de luna, e nelle sere d’inverno, acanta a sa ziminera, circondati da piccoli e grandi, iniziavano a raccontare. Quelle storie di paura e di magia rappresentano una componente viva del patrimonio culturale sardo: fanno parte, a pieno titolo, del tesoro narrativo che va tutelato se non si vogliono perdere pagine significative del nostro passato». Riemergono così gli insegnamenti di un grande pedagogista sardo, Tonino Mameli, della scuola di Aldo Capitini e di don Milani, docente all’università di Cagliari, ex sindaco di Aritzo. Proprio con Albino Bernardini, Tonino Mameli aveva scritto tra l’altro “Storie di gente comune” con un reportage dal mondo del lavoro dell’immediato dopoguerra in Sardegna. Mameli assegnava diverse tesi di laurea sul “valore pedagogico della fiaba”, imponeva quasi ai suoi allievi la lettura integrale critica delle “Novelle” di Grazia Deledda, di quelle di Antonio Gramsci. Testi di alto valore pedagogico come quelli di Bernardini: basti ricordare “Bobby va a scuola”, ma anche “La banda del bolide” assieme a “Tante storie sarde”, con “Le avventure di Grodde”e lo stesso “II palazzo delle ali” fino all’ultimo “Un viaggio lungo trent’anni”. Per quelle opere Bernardini aveva ricevuto più di quindicimila lettere dai bambini di tutta Italia, aveva visitato scuole italiane ed estere: Stati Uniti, ex Urss, Svizzera, Polonia.

Discepolo del francese Célestin Frenet e dello svizzero Jean Piaget, Bernardini aveva inventato la didattica-educativa delle “storie senza finale”; cioè racconti volutamente non conclusi, per dare modo ai bambini dì scatenare la creatività e inventarsi un finale. Bernardini parlava di Atzeni-Copez dicendo: «Certo, fiabe sarde. Perché sono sardi i personaggi. E son sardi i luoghi. Nostri i boschi, le foreste, gli animali, le rocce e le grotte. Sarda, anche, l’estrema povertà in cui viveva la popolazione, l’isolamento col quale si misuravano costantemente i protagonisti: quello geografico e mentale». Poi chiedeva: «Ma le fiabe possono essere solo sarde? No, davvero, perché spaziano nel mondo incantato di Rossana e Sergio. Sono fiabe del mondo. Basuccu che va in cerca di fortuna è di Ghilarza o abita in Australia o in Tanzania?». Nella prefazione al libro Condaghes di Atzeni-Copez si legge: «Qualche settimana fa El Pais ha dedicato diverse pagine al tema del romanzo-oggi. In un titolo si leggeva che “la novela no ha muerto, tan solo està enterrada”. La fiaba riemerge, parla, si impone alla discussione, all’analisi. Per sapere, in Sardegna e nel mondo. Per parlare, in Sardegna e nel mondo. Per educare la Sardegna e il mondo. Per cancellare i silenzi e vivere di dialoghi».

Il futuro dell’editoria delle fiabe? Cheratzu e Manca: “Condaghes, nata nel 1992, ha oltre 450 titoli in catalogo, di cui oltre un terzo (185) in formato elettronico (eBook). Ciò ci permette di arrivare in ogni angolo del mondo. Col le fiabe in primo piano”.

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