La Nuova Sardegna

1927. La consegna del Nobel a Grazia Deledda, austera regina di una corte fantastica

di Luca Urgu
Grazia Deledda
Grazia Deledda

Il 10 dicembre a Stoccolma la cerimonia del premio per la letteratura assegnato alla scrittrice nuorese. Il banchetto offerto dal re, con i suoi 250 partecipanti, fu il più numeroso e splendido di quegli anni in Svezia

07 gennaio 2022
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Nuoro-Stoccolma passando per Roma. Andata e ritorno. Già il viaggio per arrivare alla capitale svedese – per ricevere il premio 10 dicembre 1927 – era da Nobel. Un'emozione dentro l'emozione. Atipico ma particolarmente bello il paesaggio che si rivelava agli occhi di Grazia dai finestrini appannati del treno nella sera invernale che al nord calava rapida. Niente a che vedere con la sua Barbagia, forse ricordata solo dalla neve che faceva da contrasto con il nero degli abeti e delle betulle, non di certo querce, corbezzoli e lentisco.

Le cronache giornalistiche dell’epoca fotografano con dovizia di particolari il percorso della Deledda accompagnata dal marito Palmiro Madesani verso Stoccolma. Accomodati nello scompartimento di coda vicino alla finestra, i coniugi non vedono l’ora che il viaggio che dura ormai da tre giorni si concluda. C’è da toccare la gloria a piene mani e solo questo pensiero fa scemare la stanchezza. I sorrisi di Grazia Deledda a Stoccolma pare siano stati rari. Ce lo dicono le istantanee. Forse per via della fedeltà alla tradizione tutta barbaricina al riserbo non si abbandona a scene di giubilo. La modestia e la misura guidano sempre i suoi comportamenti. E il suo look è coerente con la sua persona. Indossa il mantello a metà polpaccio, col bavero di pelliccia rialzato, il cappello a falde strette calcato sino alle sopracciglia, sciarpa, borsa e calze chiare, e solide scarpe con stringhe. In mano un mazzo di fiori, astri bianchi e garofani rossi.

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Ma Grazia Deledda non sorride nelle fotografie che la ritraggono durante la cerimonia ufficiale del Nobel, nella grande Sala dei Concerti. I discorsi sono stati tenuti in svedese, con alcune frasi di chiusura dei conferenzieri, e di augurio del re al momento della consegna delle medaglie, nella lingua dei premiati. Grazia Deledda ha ascoltato, composta e immobile, la sua attenzione si fa ancora e comprensibilmente più concentrata quando il professor Henrik Schuck sale sul podio per parlare dell'opera della scrittrice sarda, in una bella e approfondita conferenza. Ma l'apoteosi del breve soggiorno a Stoccolma, fu naturalmente il banchetto offerto dal re, che, con i suoi 250 partecipanti, fu il più numeroso e splendido di quegli anni, in Svezia. Fra i presenti c'era anche l'altra grande scrittrice dell'epoca, la svedese Selma Lagerlöf che Grazia conosceva e ammirava.

Ci furono discorsi in svedese, decisamente più internazionale il linguaggio di cristalli, di porcellane preziose, di posate d'argento e oro. Del suo viaggio a Stoccolma, Grazia Deledda scrisse poco, molto poco. C’è rimasta una lettera ai suoi familiari dell’11 dicembre, il giorno dopo la consegna del Nobel.«Tante tante cose avrei da scrivere, ma non ho materialmente il tempo né moralmente la voglia. Sono come una foglia in balia del vento, sia pure come una foglia di rosa in balia del vento di maggio! Ieri è stata la grande cerimonia; poi il grande banchetto sul quale io sedevo tra due principi di sangue reale, in mezzo alla corte fantastica di questo regno, composta di donne e uomini bellissimi, colti, amabili, arguti…», scrive Grazia, che in un altro passaggio racconta: «Contiamo di partire il 15 perché prima non è possibile e ci fermeremo di nuovo un giorno a Berlino. Qui il tempo è grigio ma calmissimo, ma leggiamo che in Italia imperversano i temporali». Dopo la nota sul meteo racconta ai familiari il piacere per l'attenzione dei media ne suoi confronti: «Tutti i giornali parlano della figura di G. D. con fotografie, caricature e interviste».

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