La Nuova Sardegna

Surriscaldamento globale

L'oceanografo: «Le acque intorno all’isola più calde di 5 gradi. Avete una grande ricchezza, dovete proteggerla»

Una mappa del Ceam di Valencia sulla base di dati del satellite Meop: evidente la differenza di temperatura fra l'oceano Atlantico e il Mediterraneo
Una mappa del Ceam di Valencia sulla base di dati del satellite Meop: evidente la differenza di temperatura fra l'oceano Atlantico e il Mediterraneo

Sandro Carniel del Cnr: «Ecco cosa sta succedendo e cosa succederà»

05 agosto 2022
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Sassari La febbre è diffusa in tutti i mari del mondo: lo dicono gli scienziati (seri) che danno ormai per acquisito il global warming. Tra questi c’è Sandro Carniel, oceanografo, dirigente di ricerca presso l’Istituto di scienze polari del Cnr, autore, tra le altre cose, del libro “Il mare che sale” (Edizioni Dedalo): «Il grande problema del riscaldamento globale, sul quale non abbiamo più dubbi, così come non li abbiamo sul fatto che in gran parte sia causato dall’aumento della concentrazione di gas serra, non si traduce solo nel riscaldamento dell’atmosfera e del suolo, ma anche in quello degli oceani. Un problema che a lungo è stato trascurato: l’oceano è stato sempre visto come un gigante inattaccabile - dice Carniel -. È vero che l’acqua è capace di immagazzinare calore più dell’atmosfera. Ed è grazie agli oceani che il riscaldamento globale viene contenuto».

Ma anche i grandi giganti d’acqua si stanno riscaldando: «Il 90 per cento dell’aumento di energia che si è verificato nell'ultimo secolo è stato assorbito dall’oceano. Si tratta di un’immensa massa d’acqua e quindi il riscaldamento avviene in modo differenziato in base alla grandezza del bacino. Il riscaldamento parte dalla superficie per estendersi al resto. Di quanto? In media di un decimo di grado per decennio. Nel Mediterraneo, che è un bacino più piccolo dove l’acqua circola meno, questo incremento si triplica».

Con quali conseguenze? «La prima è che l’acqua, riscaldandosi, aumenta di volume e così il livello medio del mare tende a salire. e acquisisce una maggiore capacità di allagare, di erodere le coste. Ma non solo: il riscaldamento aumenta la fusione ghiacci e questo modifica l’andamento delle correnti. L’acqua calda tende a galleggiare e non sprofonda, quindi non porta ossigeno e nutrienti nel profondo. Si mescola in maniera più lenta e le zone più profonde diventano meno ricche di ossigeno e nutrimenti».

Il mare più caldo favorisce anche gli eventi estremi: «Fornisce combustibile di prima qualità ai fenomeni atmosferici. Tempeste che arrivano dal mare del nord si alimentano di energia quando trovano il caldo. La famosa tempesta del 2018 si creò perché a fine ottobre c’era una temperatura del mare più alta di 2,5 gradi rispetto alla media. L’estate che stiamo vivendo è più calda di quella del 2018, quindi c’è il timore che in autunno fenomeni simili possano riproporsi. Ora siamo a 5-6 gradi sopra la media della stagione».

In mezzo a questo pentolone c’è la Sardegna: «Soprattutto in una realtà come quella sarda è importante che se ne parli. Da voi c’è il rischio delle piane allagabili da un innalzamento del livello del mare. Ci sono zone di pregio come le zone umide dell’Oristanese che vivono un equilibrio delicatissimo con il livello del mare. Ma ci sono anche tanti aspetti che renderebbero l’isola un esempio incredibile, dove poter applicare tanti studi e tanti aspetti tecnologici nuovi. Però questo va inserito in un discorso armonico almeno a livello di Regione. Non è pensabile che ogni comune possa dire io qui voglio fare il depuratore, qui una pala eolica, ma la sposto di là. Ci vuole una regia veloce, che faccia vedere in benefici di questa realtà che non ha nulla da invidiare a altre località come ricchezza e come tipologia di fondali».

Il mare intorno alla Sardegna offre una varietà e una ricchezza con pochi uguali: «Ho lavorato a lungo alle Hawaii e dico sempre che se uno non ha voglia di farsi un giorno intero di viaggio qui trova tante realtà di pregio. Va nel canyon di Caprera e trova la stragrande maggioranza dei cetacei del Mediterraneo. Avete una serie impareggiabile di aree marine protette che però devono essere messe in grado di comunicare con altre aree marine perché fare un enclave isolata non serve a molto. E soprattutto, dentro l’area marina protetta si devono distribuire i vantaggi tra tutti gli attori, in base a un criterio di giustizia. Serve una regia più ampia e meno particolarista».

C’è un’ultima e tutt’altro che trascurabile conseguenze legata al riscaldamento del mare. Conseguenza che può avere ripercussioni geopolitiche: «In queste condizioni tutto ciò che vive nel mare e non sta bene, se può farlo cerca di andarsene. Ma se non può, come i coralli, muore.L’acciuga portoghese va verso l’artico, il merluzzo dalla Norvegia va verso l’Islanda. Per contro nel Mediterraneo abbiamo altre specie migranti. La migrazione può essere valore aggiunto se la specie nuova si integra nell’ecosistema, ma se è devastante, allora ci si deve preoccupare.Tutte queste modifiche hanno anche conseguenze di natura geopolitica. C’è un effetto domino con implicazioni ambientali, culturali, identitarie».

Occorrono decisioni rapide che però avranno effetti in tempi non rapidi: «Nel frattempo dobbiamo adattarci - conclude Carniel -. Pensare a una linea di porti diversa, a cambiare colture costiere, a non dare concessioni turistiche in zone a rischio, a ripensare la zona dunale e retro dunale. Con 50cm in più l’acqua può entrare per chilometri». (r.pe.)

https://www.lanuovasardegna.it/regione/2022/08/05/news/il-termometro-sale-a-30-e-la-grande-febbre-del-mare-della-sardegna-1.100065392

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