La Nuova Sardegna

Malasanità

Paradosso ospedali in Sardegna: a Sassari e Cagliari scoppiano, negli altri i reparti sono chiusi

di Andrea Sini
Paradosso ospedali in Sardegna: a Sassari e Cagliari scoppiano, negli altri i reparti sono chiusi

L’emergenza dell’ospedale di Nuoro e il Brotzu saturo sono la punta di un iceberg Salvatore Manca (Simeu): «Serve subito un’indagine per valutare il fabbisogno di personale»

26 aprile 2024
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Sassari L’ospedale di Nuoro affonda, ma tutta la sanità sarda naviga in acque agitatissime e la nuova giunta regionale ha subito una bella gatta da pelare.

L’emergenza La crisi dell’ospedale San Francesco, che denuncia clamorose falle nella pianta organica praticamente in tutti i reparti, si è aggravata ulteriormente nel momento in cui l’unica valvola di sfogo si è improvvisamente chiusa con l’esaurimento dei posti letto nelle unità ospedaliere di Cagliari, Brotzu e Azienda universitaria. Le varie strutture chiedono collaborazione e lanciano un grido d’allarme, mentre sindacati e associazioni di categoria parlano di situazione di totale emergenza in tutta l’isola. In questa fase delicatissima né il nuovo assessore regionale alla Sanità Armando Bartolazzi, né la presidente della Regione, Alessandra Todde, interpellati dalla Nuova, hanno voluto rispondere per provare a indicare la strategia che intendono seguire per rimettere ordine a una situazione che, evidentemente, è stata ereditata.

Gli errori del passato «È evidente che per anni c’è stata un’errata programmazione, non solo nelle scelte strategiche ma anche per quanto riguarda il pensionamento dei medici. E questo è solo il primo punto». A parlare è Salvatore Manca, presidente nazionale della Simeu, la Società italiana della medicina di emergenza-urgenza, che rappresenta medici e infermieri che lavorano nell’emergenza territoriale e nei pronto soccorso e nelle strutture di Medicina d’emergenza ospedaliere. «Per quanto riguarda i pronto soccorso la situazione è di difficile risoluzione – dice Manca –, anche se con contrattualizzazione degli specializzandi dai primi anni di corso si mette una pezza. Questo nella speranza di non perderli una volta specializzati. Abbiamo strutture inadeguate e vecchie, il rapporto con i pazienti è venuto meno e questo lo raccontano le cronache. Il personale è demotivato, andare a lavorare nelle strutture pubbliche è diventato tutt’altro che attraente. C’è poi il problema delle cooperative, che garantiscono copertura nell’immediato ma alla lunga portano un effetto contrario, poiché molti medici si dimettono per andare a prendere più soldi e a lavorare con codici di emergenza più bassi, quindi anche con meno responsabilità».

Cosa si può fare nell’immediato? «Molti concorsi stanno andando deserti – dice Salvatore Manca –. Va fatta un’indagine sul fabbisogno effettivo anche in anni futuri, va programmato e calcolato numero di studenti e di posti necessari. Serve fidelizzare il personale, rendendo più moderne le strutture, con stipendi adeguati, con la tutela medico legale. Serve trovare un equilibrio generale tra i presidi ospedalieri in ambito regionale, è ovvio che nelle città in cui si svolgono i corsi universitari e si trovano le strutture più importanti sia più facile reperire personale. E allora rendiamo strutturali gli incentivi per chi accette le sedi disagiate o non principali. Non è solo una questione di soldi, qui si parla soprattutto qualità del lavoro».

L’accordo bloccato A proposito di incentivi, l’assessore uscente, Carlo Doria, aveva siglato un protocollo per abbattere le liste d’attesa. Che fine ha fatto? «È vero – dice Piergiorgio Fiori, segretario della Cisl Medici – noi sindacati abbiamo firmato quell’accordo, ma non è mai stato ratificato attraverso gli accordi aziendali. Siamo al paradosso: l’accordo c’è, gli incentivi per medici, infermieri e personale tecnico sono finanziati dalla Regione, ma le aziende sanitarie non ci hanno ancora convocato per chiudere la partita. Poi non sorprendiamoci se il personale è demotivato. C’è anche un ulteriore paradosso: in generale i medici scarseggiano, ma ci sono specialisti ambulatoriali in attesa di una chiamata e ci sono ore di chirurgia vascolare, faccio l’esempio di Olbia, che non sono ancora state assegnate. L’assessorato deve darsi una mossa».

La punta dell’iceberg «Quello che si sta verificando a Nuoro in questi giorni è la punta di un iceberg che vede coinvolta tutta la Sardegna – sottolinea Susanna Montaldo, segretaria di Anaao Sardegna –. Ogni struttura è sotto organico ed è piena di problemi , i reparti fanno una fatica enorme ad andare avanti. Cagliari è il catalizzatore dei problemi di tutta la regione, ma anche lì i posti sono finiti da un pezzo e si lavora in condizioni tremende. A San Gavino di recente la ristrutturazione del del reparto di Medicina interna porterà per 10 mesi la riduzione dei posti letto da 35 a 12, e già lì non si fa più urgenza chirurgica, che sta finendo a Carbonia. Tutti sono costretti a lavorare troppo e in condizioni difficili, e sta per iniziare la stagione turistica. Si rischia di implodere, soprattutto con le ortopedie. La Sardegna ha necessità di poter garantire l’assistenza sanitaria dove non viene garantita, serve un lavoro profondo e lungimirante. Altrimenti saranno guai seri. Anzi, nei guai ci siamo già».

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