Ottomila chilometri a piedi tra i sentieri e i cammini d’Italia: l’avventura di Ferdinand è iniziata a Santa Teresa Gallura
Il lungo viaggio dell’altoatesino, ex dirigente delle Poste «tra luoghi e culture di tutto il Paese». Le prossime destinazioni: Pirenei e Usa
Sassari «L’obiettivo è il cammino, non la meta. Cammino cercando di apprezzare quello che incontro e di cogliere il bello che mi circonda, perché ogni passo è importante e ha un suo significato». A parlare è Ferdinand Unterkircher, 68 anni, altoatesino, ex dirigente di Poste Italiane ora in pensione, che da qualche giorno ha terminato il Sentiero Italia del Club Alpino Italiano. Si è trattato di una vera e propria impresa, che lo ha portato ad attraversare a piedi tutta l’Italia attraversando tutte le regioni. Un percorso ufficiale di circa 8mila chilometri, ma che per Ferdinand è stato anche più lungo, perché nel percorrerlo ha aggiunto altri cammini importanti. Tutto nasce da una sua profonda passione per la montagna e che affonda le proprie radici nella sua infanzia. «Sin da bambino ho avuto la possibilità, grazie a mio padre Luis, di praticare la montagna, vivendo a contatto con la natura e apprezzando il valore dell’incontro con le persone. E mi ha insegnato che il camminare ha a che fare con la parte interiore di ciascuno di noi».
Com’è nata l’idea di completare il Sentiero Italia? «Sono iscritto al Club Alpino Italiano ed ho partecipato alcuni anni fa a Bolzano alla presentazione ufficiale del Sentiero Italia. Poi ho visto alcune pubblicazioni, i primi libri che spiegavano in dettaglio come si svolgeva il sentiero. Per quanto mi riguarda ho sempre avuto la curiosità di conoscere a fondo l’Italia, di entrare in contatto con le specificità dei luoghi, la cultura, i dialetti, le tradizioni, la cucina. Ad un certo punto mi sono detto “adesso parto” e così ho fatto. Ho iniziato dalla Sardegna, da Santa Teresa Gallura, in particolare il Sentiero Italia ha il suo inizio molto suggestivo dalla Chiesa del Buon Cammino. Va detto che il Sentiero Italia non è un percorso unico, ma ha diverse varianti che toccano tanti luoghi di tutte le regioni d’Italia».
Alla fine, quindi, non si è limitato ai percorsi ufficiali del Sentiero Italia «Sono andato leggermente oltre. Ho integrato altri cammini, quando potevo farlo e compatibilmente con la direzione. Come per esempio il Cammino di San Francesco, quello che va dal monastero della Verna a Monte Sant’Angelo in Puglia, il Cammino di San Benedetto, la Via Francigena del Nord e del Sud, la Via Romea. In Sardegna in particolare poi ho aggiunto il Sentiero delle cento Torri che si snoda lungo il perimetro dell’isola e il Cammino di Santa Barbara, nel Sulcis. Anche in Sicilia, dove il Sentiero Italia inizia a Trapani e finisce a Messina, ho percorso la Via Francigena Siciliana e altri cammini come la Via dei Frati che ho percorso nello scorso mese di marzo. Questo mi ha permesso di scoprire delle realtà straordinarie, perché l’Italia è un paese fantastico ed è troppo bello per non conoscerlo. Alla fine, sono stato ben felice di avere fatto ben più di 8000 chilometri».
Prima diceva che camminare è qualcosa di interiore, ci spieghi meglio. «Mi rendo conto di vivere in un’epoca in cui il camminare ha un altro contenuto rispetto al muoversi delle genti del passato su strade tracciate in epoche lontane. Percorrendo il Sentiero Italia ho avuto la possibilità però di attraversare strade, tratturi, sentieri realizzati e percorsi da uomini di epoche anche remote. Gente che si spostava per raggiungere un altro paese, fare commerci, trasferire merci su carri, bestiame, trasportando carichi per noi oggi impensabili. Già questo è stato motivo di grande emozione. Ma l’emozione viene anche dalle persone che incontri. Sono entrato in contatto con tante persone bellissime. Ho colto parlate per me sconosciute e diverse: ho scoperto la lingua sarda, il siciliano, il provenzale parlato a Faeto in provincia di Foggia. Poi nel Piemonte l’occitano e il Walser, il francese, il patois in Valle d’Aosta. E il friulano e anche lo sloveno. Tu entri sempre in modo tranquillo nella vita delle comunità, chiedi informazioni, piccole cose. Tutti sono sempre stati lieti di rispondere, di essere di aiuto, dare suggerimenti e indicazioni. Quando faccio questi incontri mi sento felice perché in quel momento sento in qualche modo di fare parte di quella comunità e di coglierne il valore. E per non parlare della serenità che si respira nelle chiese che si incontrano in tutta Italia, o la pace che si vive nei monasteri, un’esperienza questa davvero fantastica: ritrovarmi solo in una cella di un convento medievale, senza internet e senza le comodità di oggi».
Qual è stata l’emozione più grande? «Come dicevo, ho trovato persone meravigliose che mi hanno dato accoglienza senza chiedere nulla, o quasi, in cambio. Anzi dandomi il senso di un’ospitalità che posso definire “antica”, come accadeva cioè in tempi lontani, quando accogliere i viandanti e i pellegrini, offrire loro un pasto caldo e un posto dove passare la notte, era parte del vivere comune. Poi c’è stata per me la grande emozione di rivedere il Gran Paradiso. Da ragazzino, avevo all’incirca 12 anni, mio padre mi aveva portato con lui a scalare la cima: quando sono stato lì, mi sono salite le lacrime». E invece l’esperienza più difficile o pericolosa? «Il tratto per me più difficile è stato quello lungo l’arco alpino di nord-ovest tra Piemonte e Valle d’Aosta. Ogni tappa comprende circa 1500 metri di dislivello, salita e discesa continue. Un’altra difficoltà è stata quella dei rifornimenti di acqua soprattutto in estate. Ero sull’Alta Via Ligure e nonostante fossi partito con abbondanti riserve, mi sono dovuto fermare, proprio perché non avevo più una goccia d’acqua. Ho cercato di recuperare le forze all’ombra perché faceva molto caldo e poi sono ripartito, ma ero davvero quasi al limite. Poi avevo un po’paura dei cani randagi che, come si sa, spesso si incontrano in branchi nelle periferie urbane. Per fortuna non ho avuto incontri davvero spiacevoli, anzi, in un’occasione tutto il contrario: percorrendo la variante sulla Costiera Amalfitana, arrivato vicino a Punta Campanella, ho incrociato un piccolo cane che mi ha accompagnato per tanti chilometri al punto che siamo diventati amici».
Qual è stata la parte finale del suo viaggio? «L’ultima tappa del Sentiero Italia porta vicino a Trieste, nel comune di Muggia, al confine con la Slovenia. Quando si arriva c’è una pietra che è quasi come fosse il traguardo. In quel tratto si cammina lungo l’antica Via Flavia. Molto, molto emozionante e significativo» .
Quali saranno le prossime sfide? «Ho già fatto diversi cammini, ad esempio, tutti e cinque quelli che portano a Santiago di Compostela ma anche nei monti Cerski in Yakuzia, Russia. Il prossimo obiettivo sicuramente sarà la traversata dei Pirenei sulle orme di Sant’Ignazio di Loyola. E poi mi aspettano i grandi cammini negli Stati Uniti e quelli dell’Europa del Nord. Insomma, di progetti ne ho tanti, ma la cosa più importante rimane sempre la voglia di scoprire luoghi, tradizioni, abitudini, culture….un passo dopo l’altro».