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L’ultimo saluto a Graziano Piana: «Morte ingiusta, ma no all’odio»

Dario Budroni
L’ultimo saluto a Graziano Piana: «Morte ingiusta, ma no all’odio»

Il funerale del sassarese massacrato in cella. Il ricordo di don Galia

07 agosto 2022
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Sassari Lo hanno salutato con un canto struggente e una nuvola di palloncini che è volata lenta sopra i tetti delle case. Poco prima, dall’altare di Sant’Antonio Abate, sono stati l’arcivescovo Gian Franco Saba e il cappellano del carcere don Gaetano Galia a dire addio a Graziano Piana, morto lo scorso 27 luglio poche ore dopo essere stato violentemente colpito alla testa con uno sgabello, in una cella di Bancali, da un altro detenuto. Parole di conforto e vicinanza alla famiglia, quelle dell’arcivescovo e del cappellano. Ma anche di profonda riflessione. «La mia preghiera è perché tutti i luoghi dove passano le persone siano di cura e di recupero» ha detto monsignor Saba riferendosi appunto al luogo del carcere, dove Piana è stato invece massacrato. «È stata una morte ingiusta» ha aggiunto poco dopo don Galia, chiedendo anche di mettere da parte i sentimenti di odio e rancore.

L’addio Graziano Piana, sassarese, 51 anni, si trovava a letto quando è stato più volte colpito da Giuseppe Pisano, 26enne di Sorgono, rinchiuso nella stessa cella pochi istanti prima. La famiglia Piana chiede giustizia e verità. E anche la mamma di Pisano, accusato di omicidio volontario, nei giorni scorsi ha detto: «La tragedia era evitabile, mio figlio doveva andare in un ospedale per essere curato, invece lo hanno spedito in carcere». Saranno le indagini a fare luce sull’accaduto. Intanto ieri i familiari e gli amici di Graziano Piana si sono riuniti a Sant’Antonio Abate per dirgli addio. E all’inizio della cerimonia è voluto intervenire anche l’arcivescovo Saba. «Sono qui per portare il conforto della fede e ascoltare il vostro lacerante grido – ha detto –. La morte è sempre un grande dolore e quando è tragica e violenta lo è ancora di più. Non conoscevo Graziano, ma sono qui perché il vescovo è il padre di tutti. La mia presenza vuole portare conforto e consolazione. Ma voglio anche sottolineare una cosa: i luoghi di detenzione devono essere di crescita, recupero e proposta per venirne fuori migliori. Certamente le malattie espongono la nostra fragilità davanti a situazioni che vanno al di là del nostro controllo. Ma la mia preghiera vuole essere questa: tutti luoghi dove passano le persone devono essere di cura e di recupero».

Il ricordo Don Galia, cappellano del carcere di Bancali, conosceva bene Piana. «Non ci sono parole appropriate per rincuorarvi – ha detto il sacerdote –. Però lo dobbiamo fare, perché vivere nel rancore e nel desiderio di vendetta fa male innanzitutto a ciascuno di noi. Dobbiamo chiedere giustizia e capire come sono andate le cose, ma senza odio e senza rancore. Nello stile di Graziano. Io l’ho conosciuto e non ho mai visto in lui una persona rabbiosa, rancorosa, cattiva. Era un ragazzo buono. Ha fatto le sue scelte, anche sbagliate, ma chi non ha commesso errori nella propria vita? Il nostro compito, come dice il vangelo, non è quello di giudicare gli altri ma innanzitutto di esaminare noi stessi». Don Galia si è poi soffermato sull’accaduto. «Le nostre strutture servono per aiutare – ha detto –. Ma il nostro Stato molto spesso ci lascia soli. E quelle stesse strutture, invece di diventare luoghi che accolgono, purtroppo possono diventare luoghi di morte. Lo dobbiamo dire con chiarezza: è stata una morte ingiusta». Un addio, quello di ieri, al quale hanno voluto partecipare anche gli altri detenuti di Bancali. Insieme hanno raccolto una somma e l’hanno donata alla famiglia Piana.
 

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