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Fabrizio Carboni: «Da una barca abbandonata al trionfo nella Roma-Barcellona»

di Andrea Sini
Fabrizio Carboni: «Da una barca abbandonata al trionfo nella Roma-Barcellona»

I trionfi del velista sassarese con uno scafo fai-da-te: «Con l’architetto navale Paolo Bua abbiamo modificato le linee di questo vecchio Mini 6,5: è venuta fuori una bomba»

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Sassari Prendi una barca abbandonata e destinata all’affondamento, dalle una nuova vita con passione, competenza e tecnologie all’avanguardia, rimettila in mare e potrà regalarti soddisfazioni inaspettate. Magari una vittoria in una delle manifestazioni più importanti, magari in futuro anche una traversata oceanica.

Per Fabrizio Carboni, velista sassarese di 49 anni, avere dato nuova vita a un 21 piedi (classe Mini 6,5 metri) ha aperto le porte a nuove opportunità e a successi forse inattesi. Come il recente primo posto nella Roma-Barcellona in solitaria. Ma la storia parte da lontano.

«Vado per mare da sempre – racconta – perché è una passione di famiglia. Dopo gli studi ne ho fatto un lavoro, faccio lo skipper di professione ormai da 25 anni, sono istruttore di vela e per anni ho trascorso l’estate nel Mediterraneo e l’inverno ai Caraibi».

Con una quantità infinita di miglia nel “motore”, Fabrizio Carboni pochi anni fa ha in qualche modo cambiato vita. «È accaduto dopo il Covid – racconta –. Io e mia moglie abbiamo deciso di tornare in Sardegna, ci stiamo stabiliti ad Alghero e abbiamo iniziato a lavorare organizzando escursioni per gli appassionati. Nel frattempo però è accaduto qualcosa, perché avevo un vecchio pallino e un giorno, un po’ per caso, a Olbia ho visto una barca praticamente abbandonata, che sembrava lì apposta per me».

Acquistarla e portarsela a casa è stato un gioco da ragazzi, ma poi è venuto il bello. «Insieme al mio amico Paolo Bua, architetto navale e grande appassionato di vela e di mare, abbiamo deciso di modificare questo scafo di ormai 20 anni di età, aggiornandolo con linee di carena più moderne ed attuali, aggiungendo del volume a poppa e uno spigolo, ormai presente in tutte le carene moderne. Tutto questo rientra nella mia personale filosofia, che punta al riciclo e al riutilizzo dei materiali. Paolo ha così ridisegnato le forme dello scafo partendo dal progetto originale di Berret/Racoupeau, trasformando le forme 3d e aggiungendo del volume sulla parte esterna delle murate, senza modificare le linee d’acqua originali a barca dritta e restando nei 3 metri di baglio massimo consentito dalla classe mini. Siamo così riusciti ad aggiungere 170 litri per lato allargando la carena. La realizzazione dei pezzi da applicare allo scafo esistente è stata gentilmente realizzata dal cantiere Wip performance e devo ringraziare Oris e Maurizio per la loro disponibilità. Un grandissimo ringraziamento devo farlo al cantiere navale più importante e all’avanguardia di Alghero, Mar De Plata Marina Alghero. Giuseppe Dessì ha fatto il resto, con le sue competenze in campo di resine, vernici e stucchi, e siamo andati in acqua».

Con risultati abbastanza sorprendenti, a dire il vero: «È venuta fuori una barca davvero veloce – spiega ancora il velista sassarese – e nelle tre regate del campionato italiano alle quali ho partecipato sono arrivati tre grandi risultati nella classe Classe Mini Italia. Insieme al mio braccio destro Giacomo Nicchitta ho ottenuto un primo posto assoluto alla prima regata di stagione, l’Arcipelago 650. Poi sono arrivati un secondo posto nella mia categoria prototipi alla Roma x 2, nonostante la rottura a metà regata dello spi, e un primo posto nella categoria solitari sulla Roma-Barcellona, la mia prima regata in solitario».

Fiore all’occhiello del suo percorso, la Roma-Barcellona apre la strada ai prossimi obiettivi: «Con Paolo Bua stiamo pensando di apportare nuove modifiche applicando i foil – spiega –. L’anno prossimo ci sarà un campionato italiano un po’ più lungo, poi nel 2027 è in programma la Mini Transat, ovvero la traversata dalla Francia ai Caraibi in solitaria. L’obiettivo è quello, ci arriverò per gradi. Nel frattempo vado per mare e mi diverto da morire». 

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