La Nuova Sardegna

Il libro

Giovanni Floris e il giallo romano

di Giovanni Mameli
Giovanni Floris e il giallo romano

Il re dei talk show in libreria con il suo nuovo romanzo “Il gioco”  «Solo la scuola che funziona può garantire la salvezza delle persone»

18 ottobre 2022
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I più lo hanno definito un giallo. Perché poliziesco tira, giallo o noir poco importa, oggi è di moda. Scompare Rossella Catrambrone studentessa modello. I sospetti corrono dritti a quelli dell’ultimo banco, Momo nato Mansur, ragazzino italiano mezzonero di seconda generazione, se non ubriacato certo simpatizzante Isis. Per un poliziotto di destra Momo può risolvere il mistero, è “fatto apposta” per la gattabuia, basta farlo confessare. Poi c’è la compagna Francesca, mezzofascista neanche lei sa perché, ma definita dall’autore “spacciatrice per convenienza”. È proprio Francesca che, a lezioni finite, si muove nel caos poco calmo della periferia romana in una terra dei fuochi chiamata Torre Bruciata.

Così la storia raccontata da Giovanni Floris nel nuovo libro “Il Gioco” (Solferino editore, euro 19) si presta a essere interpretata come un intrigo o complotto, quasi una gara fra 007 e servizi segreti solo italiani, con insegnanti frustrati e demotivati, presidi d’accordo con le droghe sintetiche e bibliotecari ex galeotti, commissari di polizia e rilievi scientifici, gli anfratti della Cloaca Massima, vita romana con un professore confuso dentro e che con l’auto rischia di travolgere una suora. E ancora un Covo con tanti libri (“è la biblioteca di Alessandria”), caccia al colpevole, briciole di pane sparse per strada modello Hansel e Gretel, colpi di scena a raffica. Floris-regista li descrive con la cifra dello scrittore di razza o del giallista tipo Sir Alfred Joseph Hitchcock, eccetera eccetera.

Di Rossella non si hanno notizie? La cercano addirittura a San Pietro che si trasforma in un rifugio da Anonima Sequestri, manco fosse la riedizione di “Les caves du Vatican” di André Gide con un universo improbabile fatto di Papi, massoni, atei e filibustieri di mille risme, algoritmi e pandemia. Il problema, allora, non è definire il genere letterario di questo nuovo libro del giornalista mattatore dei talk show italiani prima sui canali della Rai e adesso su La7. Lettura tra l’altro veloce, quasi spasmodica in attesa del lieto fine che può anche non esserci, a letto non ci vai prima di imbatterti in un professore che riceve un pacco da Amazon per poi arrivare a pagina 410 e scoprire che “ricomincia il Gioco”. Con alunni, professori, biblioteche, giovani smarriti. Eccolo il fulcro, con la scuola filo rosso di tutto il romanzo e che diventa il set ininterrotto dell’immaginario letterario di Floris. Che dà - a giovani e adulti - quasi una lista di autori da leggere e qui citiamo solo Calvino, Elsa Morante, Freud e Gadda ma anche Edgar Allan Poe. Perché dal suo magistero fra talk politici ed economia, fra sondaggi e proiezioni, con l’attualità declinata tra l’ieri e l’oggi l’autore si conferma mattatore di solida radice umanistica nell’epoca degli influencer e di tik tok. L’interesse primario resta sua maestà la scuola, assieme alle competenze, alla necessità di una formazione continua. Lo aveva già sostenuto con “Ultimo banco” nel 2018 (sottotitolo: “Perché insegnanti e studenti possono salvare l’Italia”) rincarando la dose in “L’Alleanza” del 2009 (“Noi e i nostri figli: dalla guerra tra i nonni al patto per crescere”). Floris - in un giallo da gioco che ha la G maiuscola - ha ribadito la sua missione: «Solo la scuola che funziona può garantire la salvezza delle persone, dei ragazzi che stanno agli ultimi banchi».
 

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