La Nuova Sardegna

Sport

Tutto Dinamo

Pasquini ritrova il parquet «Nessuna rivoluzione»

di Andrea Sini
Pasquini ritrova il parquet «Nessuna rivoluzione»

Il “guru” del mercato biancoblù in panchina come successore di Marco Calvani «L’obiettivo è mettere ogni singolo nella condizione di rendere al meglio»

09 marzo 2016
3 MINUTI DI LETTURA





SASSARI. Felice di indossare la tuta dopo cinque anni in ufficio, preoccupato il giusto, carico come se non ci fosse un domani. Il manager delle imprese impossibili, tipo costruire una squadra da scudetto, lascia la scrivania e torna in campo per portare a termine una missione speciale: portare la Dinamo ai playoff. Federico Pasquini è solo al terzo giorno di lavoro come coach della squadra biancoblù, dopo le dimissioni di Marco Calvani, ed è già entrato completamente nella parte.

Da coach a direttore sportivo, da general manager a coach. Comunque vada lei è il “transformer” della pallacanestro italiana.

«Per il momento sono l’allenatore della Dinamo e sono al lavoro per portare a termine nel migliore dei modi questa difficile stagione».

Come è nato il salto dall’ufficio, dove ha trascorso le ultime 5 stagioni, al parquet?

«Dopo le dimissioni di Calvani il presidente Sardara mi ha chiesto di ricoprire questo ruolo. In altre situazioni ci avrei pensato un po’ di più, ma devo molto a lui, alla Dinamo e alla città di Sassari. Avverto un forte senso di responsabilità nei confronti di quanto è stato costruito in questi anni e non ho potuto dire di no».

Calvani ha fatto capire chiaramente che la squadra non lo seguiva. Meo Sacchetti prima dell’esonero aveva detto più o meno le stesse cose. Cosa le fa pensare che ora i giocatori seguiranno lei?

«Non la metto assolutamente su questo piano. Voglio provare a facilitare il compito dei giocatori, aiutarli a levarsi di dosso la scimmia che sembrano avere ormai da troppo tempo. Non c’è un problema di valori tecnici, in questa squadra».

Qual è il problema, allora?

«C’è un’aria di sfiducia di cui si è impregnato lo spogliatoio. Abbiamo perso una marea di gare tirare, lo stesso copione si è ripetuto molto spesso. Il fatto che mi vengano dietro può essere semmai un valore aggiunto: il mio obiettivo primario è fare di tutto per togliere la negatività che li sta condizionando. Ovviamente per fare tutto ciò ci serve anche fare punti immediatamente».

Per chi non ha conosciuto la sua vita precedente da coach, che tipo di impostazione tecnico-tattica c’è da aspettarsi?

«Ho sempre predicato una pallacanestro che parta dalle caratteristiche degli elementi che ho a disposizione. Questa squadra secondo me ha caratteristiche chiare, con tanti giocatori perimetrali, e credo che il basket più utile che si possa fare oggi sia legato alla corsa e alla transizione cercando di spingere la palla. Poi è chiaro che non ero Popovich prima e non penso di essere un genio ora. Ripeto, qui bisogna cercare di mettere ogni giocatore nelle condizioni di esprimersi al meglio secondo le proprie caratteristiche».

In questi anni da dirigente aveva mai pensato di tornare in panchina?

«No, mai. Il ruolo di giemme mi piace molto e non credevo proprio che un giorno sarei ripassato per il ruolo di allenatore. Il mio rapporto con la società è chiaro e un passaggio di questo tipo non era previsto. Poi si sono verificate situazioni che non potevamo prevedere e ora sono qui. Ma la considero solo una soluzione per una necessità contingente, non certo un’occasione per il mio futuro: comunque vada, l’anno prossimo tornerò dietro la scrivania».

Con un pizzico di malignità si potrebbe dire che lei ha fatto il “danno”, costruendo questa squadra, e ora le tocca risolvere il problema. Sardara ha già risposto che le responsabilità sono della società e non di un singolo.

«Io faccio un lavoro di ricerca e scouting a livello mondiale, poi porto dei nomi alla società. Sono tutte scelte condivise, ma è giusto dire che in questi anni il mio livello di responsabilità nelle scelte è stato alto. Ci sono annate, come quella scorsa, in cui succede l’inimmaginabile, e annate come questa, in cui accade l’inimmaginabile al contrario. Non mi spaventa dire che c’è molto di mio in questa squadra e non ho problemi a metterci la faccia. È esattamente quello che sto facendo».

In Primo Piano
L'emergenza

Alberghi e resort restano senza acqua, Giovanni Sanna compra due dissalatori

di Claudio Zoccheddu
Le nostre iniziative