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«Una Dinamo viva peccato per il finale»

di Andrea Sini
«Una Dinamo viva peccato per il finale»

Capitan Devecchi: «È stata comunque una grande stagione»

22 maggio 2017
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SASSARI. Né mezzo pieno, né mezzo vuoto, semplicemente un bicchiere mandato giù tutto d’un fiato sui binari di una stagione lunga, faticosa e «tutt’altro che fallimentare». Messa in archivio la sua undicesima stagione con la maglia della Dinamo Sassari, Jack Devecchi si rilassa al Foro Italico assistendo alla finale degli Internazionali d’Italia tra Zverev e Djokovic e prova a riavvolgere il film di questi otto mesi e mezzo di lavoro.

Capitan Devecchi, le vacanze anticipate per uno sportivo non sono il massimo.

«No, tutt’altro. Avrei preferito come tutti i miei compagni essere ancora a lavoro per preparare una serie dei playoff. Ma lo sport è questo, non si può pensare di arrivare sempre sino in fondo».

La corsa della Dinamo, in realtà, si è fermata ben prima.

«In questi playoff sì. Siamo arrivati al quarto di finale contro Trento piuttosto scarichi. Di fatto non siamo mai entrati davvero in questa serie. Un vero peccato».

Come si spiega questo finale in calando?

«In questa stagione non siamo partiti bene, perché quando cambi tutto poi serve tempo per trovare la chimica giusta. Ci siamo trovati a dicembre praticamente con un piede nella fossa e da quel momento in poi siamo stati molto bravi a risollevarci: abbiamo fatto gruppo, siamo cresciuti e siamo riusciti a fare una striscia importante di vittorie. Abbiamo speso tanto per rimetterci in corsa su tutti gli obiettivi, la Champions ci ha portato via tante energie e nel finale l’infortunio a Trevor Lacey, cheaveva iniziato a trascinarci, ha pesato tantissimo».

E nel momento più importante della stagione non eravate più voi.

«Siamo arrivati con le gomme sgonfie, non siamo mai riusciti a giocare al nostro livello. Il fatto di avere perso all’ultima giornata il fattore campo per i playoff ci ha dato un altro colpo, poi ci siamo ritrovati di fronte una Trento molto più fresca, che durante la stagione ha speso molto meno di noi in termini di energie e che arrivava da un girone di ritorno in cui non ha praticamente mai perso. È andata così».

Come valuta nel complesso la vostra stagione?

«Secondo me è assolutamente positiva. Capisco la delusione per l’eliminazione repentina dai playoff, ma ho sentito parlare di fallimento e non sono d’accordo neanche un po’. Come ho già detto tante volte, siamo ripartiti quasi da zero, cosa che non è mai facile, abbiamo avuto tanti alti e bassi ma abbiamo avuto un ottimo percorso in tutte le manifestazioni. Questa stagione è una buonissima base dalla quale ripartire, per andare alla ricerca di continuità».

A proposito di continuità, la Dinamo sembra dovere ancora trovare il punto di equilibrio a livello di progetti e ambizioni, tra l’exploit del triplete e l’uscita dal “grande giro”.

«Sono perfettamente d’accordo. Dopo lo scudetto e la vittoria delle altre coppe l’asticella delle attese si è alzata parecchio e questo è abbastanza normale. Noi restiamo una squadra di provincia, e lo dico con la fierezza dell’uomo che viene dalla provincia, abbiamo un progetto solido e abbiamo ottenuto grandi risultati. Ma non bisogna perdere il contatto con la propria dimensione. Quello che ci manca è soprattutto trovare continuità e la nostra collocazione, che per me può essere tra le prime quattro del campionato. Il tutto mantenendo anche l’equilibrio tra i momenti di esaltazione e di scoramento dopo le sconfitte».

E in Europa?

«Abbiamo toccato con mano il fatto che l’Eurolega era una dimensione onestamente troppo grande per noi, con realtà che contano su budget altissimi. Ma anche nelle coppe ormai siamo riusciti a consolidare la nostra presenze e questo è un motivo di vanto. La Champions può essere l adimensione giusta per noi».

Parla sempre in prima persona. Non ci sono dubbi che resterà ancora a Sassari, dunque.

«Ho un altro anno di contratto, ma ancora non abbiamo fatto le classiche chiacchierate di fine stagione. Sono a Sassari da 11 anni e non vedo un solo motivo per pensare di andare via».

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