Un numero non può “etichettare” un allievo
Bisogna fermarsi a riflettere su quanto sia giusto dare a quei numeri così tanto peso
Il voto scolastico è sempre stato un punto centrale del nostro sistema educativo, un numero che sembra avere il potere di definire successi, fallimenti e persino il valore di uno studente. Ma ci siamo mai fermati a riflettere su quanto sia giusto dare a quei numeri così tanto peso? In teoria, il voto dovrebbe essere un’indicazione oggettiva di quanto uno studente abbia imparato, ma nella pratica spesso diventa qualcosa di diverso: un traguardo da raggiungere a tutti i costi, un’etichetta che può influenzare l’autostima, una misura che finisce per contare più dell’apprendimento stesso. Gli studenti, così come le loro famiglie, si trovano spesso a vivere sotto la pressione di ottenere risultati perfetti, dimenticando che la scuola dovrebbe essere prima di tutto un luogo dove si cresce, si sbaglia e si impara.
Un buon voto può dare soddisfazione e motivazione, certo, ma un’insufficienza rischia di trasformarsi in un macigno difficile da sopportare, con ansie e frustrazioni che possono segnare il rapporto con lo studio e con se stessi. In altri paesi si stanno sperimentando modi diversi di valutare gli studenti: feedback più personali, osservazioni qualitative, metodi che valorizzano non solo ciò che sanno fare ma anche come crescono come persone. E forse dovremmo farlo anche noi, senza rinnegare il voto ma trovando un modo di usarlo che non lo renda così totalizzante. Alla fine, non dovremmo mai dimenticare che il vero obiettivo della scuola non è un numero, ma aiutare noi ragazzi a diventare adulti consapevoli, curiosi, capaci di affrontare il mondo con fiducia, indipendentemente da una pagella.
*Rebecca studia al liceo Spano di Sassari