La Nuova Sardegna

Cagliari

Uta, altolà dei consumatori alla discarica delle ceneri

In una superficie grande quanto 23 campi di calcio, dovrebbero essere depositate le scorie non pericolose dell'impianto di smaltimento del Cacip di Macchiareddu

28 settembre 2015
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CAGLIARI. L’Associazione consumatori Sardegna onlus ha presentato una serie di osservazioni contro il progetto da 10 milioni di euro che prevede una discarica di rifiuti non pericolosi in località S’Otioni Mannu, nel comune di Uta , collegata all’inceneritore del Cacip dell’area industriale Macchiareddu al servizio dell’area vasta di Cagliari. In una superficie di circa 20 ettari, l’equivalente di 23 campi di calcio, dovrebbero confluire scorie e ceneri provenienti dall’inceneritore e una parte dei rifiuti organici conferiti a Macchiareddu, per un totale complessivo di 1,6 milioni di metri cubi di spazzatura.

Il progetto è ora all’attenzione del Savi, il Servizio per le valutazioni ambientali della Regione, cui l’associazione presieduta da Marco Mameli ha presentato un documento di una trentina di pagine dove, tra l’altro, cita studi sulla pericolosità delle scorie da incenerimento ed evidenzia come le previsioni di impianti del genere indicate nel piano regionale dei rifiuti del 2006 siano ormai superate - ricorda l’Acs - le quantità di rifiuti prodotte sono diminuite dal 2006 di circa il 15%, cioè di 120mila tonnellate l’anno, con quite sempre minori di rifiuti indifferenziati inviati agli inceneritori di Tossilo Macomer (-48%) sia al Cacip (-30%), osserva l’Associazione consumatori Sardegna. La raccolta differenziata, in molti centri, in particolare nel Medio Campidano, ha superato il 65%.

Nella documentazione, inoltre, si sollevano dubbi sull’assetto idrogeologico dell’area dove dovrebbe sorgere la discarica e sulle opere idrauliche ad essa collegate e si evidenzia la carenza di un piano finanziario per la gestione dell’impianto e di studi e indagini di carattere sanitario, epidemiologico e ambientale, nel rispetto del principio di precauzione, per conoscere con certezza i rischi collegati a un’attività potenzialmente pericolosa.

L’Associazione sollecita una specifica valutazione di impatto sanitario, chiede al Cacip di integrare il progetto e chiarire i dubbi e ai Comuni interessati di garantire «una corretta procedura e adeguata pubblicità degli atti», oltre che la condivisione delle scelte.

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