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Senza contratto gli Oss in prima linea nella pandemia: lettera al Governo

Senza contratto gli Oss in prima linea nella pandemia: lettera al Governo

Sono rimasti fuori dalla stabilizzazione dell’Asl 8 di Cagliari; chiedono un intervento della commissione Affari sociali della Camera dei deputati

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Cagliari Hanno passato mesi in corsia, accanto ai pazienti quando nessun altro poteva entrare in ospedale. Erano loro, gli Oss, a prendersi cura di chi lottava per respirare e vivere. A garantire un conforto umano in un periodo in cui il contatto con il mondo esterno era negato. Oggi, quegli stessi operatori socio-sanitari della Asl 8 di Cagliari si trovano senza lavoro, esclusi dall’unico bando di stabilizzazione pubblicato dall’azienda sanitaria.

Simona Imeroni, Roberto Deiana, Alessandra Depau e Daniela Pistis, hanno deciso di far sentire la loro voce e rivolgono un appello alla Commissione Affari Sociali della Camera dei deputati, chiedendo l’intervento del presidente Ugo Cappellacci. Il loro caso è emblematico: contratti rinnovati anche fino a dieci volte durante l’emergenza Covid, turni massacranti, sacrifici personali e familiari, ma sono stati esclusi dalla stabilizzazione.

«Siamo stati esclusi anche solo per pochi giorni di servizio, nonostante il governo abbia esteso il termine per la stabilizzazione fino al 31 dicembre 2025», denunciano. A differenza di altre Asl sarde, che hanno previsto più bandi per la regolarizzazione del personale Covid, la Asl 8 di Cagliari ha pubblicato un’unica selezione, lasciando fuori chi non raggiungeva i 18 mesi di servizio richiesti al momento del bando. Eppure, molti di loro oggi possono contare anche 36 mesi di lavoro effettivo. L’appello non è solo per il riconoscimento professionale, ma per una soluzione immediata che garantisca un sostegno economico. «Alcuni di noi stanno ricevendo cartelle esattoriali per oltre 5.000 euro a causa della tassazione separata dei contratti Covid. Siamo senza reddito, senza ammortizzatori sociali, eppure continuiamo a essere dimenticati. Abbiamo gli stessi diritti dei nostri colleghi stabilizzati».

La richiesta è chiara: se una nuova stabilizzazione non è immediatamente possibile, almeno si conceda loro un supporto economico in attesa di un reinserimento lavorativo. «Consentiteci di avere degli ammortizzatori sociali, considerateci lavoratori in mobilità, in modo che possiate reintegrarci il prima possibile nel lavoro. C’è chi di noi è vicino alla pensione, chi vuole che ci assuma più dopo i 60 anni di età. Eppure siamo quelli che non hanno chiesto nessuna aspettativa durante il periodo emergenziale, nessuna assenza pur di non lasciare il carico doppio di lavoro ai nostri colleghi, anche più giovani, consapevoli del lavoro infinito da svolgere e dei tanti pazienti che non potevamo lasciar soli al loro destino. Abbiamo bisogno di una misura che intervenga immediatamente sulla nostra situazione». (serena lullia)

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