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omicidio di gavoi

Francesco Rocca deve restare in carcere

Francesco Rocca deve restare in carcere

NUORO. Francesco Rocca deve restare in carcere. I giudici del Tribunale del riesame di Sassari hanno respinto la richiesta di arresti domiciliari per il dentista di Gavoi condannato all’ergastolo...

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NUORO. Francesco Rocca deve restare in carcere. I giudici del Tribunale del riesame di Sassari hanno respinto la richiesta di arresti domiciliari per il dentista di Gavoi condannato all’ergastolo perchè ritenuto il mandante dell’omicidio della moglie Dina Dore, trovata morta all’interno del portabagagli della sua auto, parcheggiata nel garage di casa, la sera del 26 marzo 2008. I giudici hanno sciolto la riserva ieri mattina, dopo cinque giorni dall’udienza che si è svolta lunedì a Sassari, accogliendo così le argomentazioni del pm Danilo Tronci, che ha ribadito l’esigenza della custodia in carcere. I difensori di Francesco Rocca, gli avvocati Mario Lai e Angelo Manconi, avevano motivato la richiesta di concessione degli arresti domiciliari sostenendo che il loro cliente «non è scappato nemmeno quando gli interrogatori si facevano più pressanti, non si capisce perché dovrebbe scappare ora, dopo tanti anni. Tra l'altro, andrebbe a vivere, agli arresti domiciliari, a 20 metri dalla caserma dei carabinieri e a pochi passi dal tribunale e avrebbe il braccialetto elettronico. Restando fermo – avevano sostenuto i due penalisti – il principio della presunzione di innocenza, introdotto dalla legge 47 dell'aprile di quest'anno, che impone al giudice l'obbligo di spiegare nel dettaglio quali sia la concretezza e l'attualità delle esigenze cautelari. E quest'obbligo, finora, non è stato soddisfatto, nessuno ha motivato la permanenza di Rocca in carcere».

Non era la prima volta che gli avvocati di Francesco Rocca tentavano la carta dei domiciliari per il loro assistito, che presto dovrà nuovamente comparire davanti ai giudici per il processo d’appello. Ma la richiesta dei penalisti Lai e Manconi non è mai stata accolta dai giudici, anche se secondo loro l’ordinanza con cui veniva respinta l’istanza «era macchiata da una grossa lacuna: non sarebbe stata sufficientemente motivata». In sostanza «non spiegava, come invece richiede l'ultima legge in materia, la 47 dell'aprile 2015, quali sia la concretezza e attualità del pericolo di fuga».

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