Il Papa: «Pregherò per Gianluca Monni»
di Luciano Piras
Il fratello 26enne del ragazzo ucciso a Orune l’8 maggio 2015 ha incontrato il pontefice in piazza San Pietro a Roma
3 MINUTI DI LETTURA
ORUNE. «L’emozione è stata talmente forte da lasciarmi senza parole». Parlano gli occhi, invece. Occhi neri e profondi che brillano, pieni di vita e speranza. Gli stessi occhi che hanno incrociato lo sguardo allegro e sereno di Papa Francesco. «Pregherò per tuo fratello», gli ha detto il pontefice stringendogli forte la mano e accarezzandolo sulla guancia, mentre lo guardava dritto negli occhi. Pasquale Monni, 26 anni, fratello di Gianluca, il diciottenne ucciso a Orune la mattina dell’8 maggio 2015, sente ancora l’eco della voce del Santo Padre. Lo ha incontrato in occasione dell’udienza generale, in piazza San Pietro, ai piedi della Basilica, in Vaticano. Pasquale, blue jeans e polo, era assieme a una folta rappresentanza di orunesi del gruppo folk Santu Sidore. Desiderosi tutti di scambiare due battute con Francesco. E lui, Papa Francesco, li ha accontentati: si è fermato con loro, pochi minuti ma intensi, particolarmente intensi.
«Gli abbiamo chiesto di pregare per il nostro paese, di benedire le nostre famiglie, i nostri lavori. E gli abbiamo presentato Pasquale» racconta Gianluca Bardeglinu, 37 anni, presidente e fondatore del gruppo Santu Sidore.
Papa Bergoglio ha subito guardato negli occhi Pasquale, «un ragazzo delicato – sono le parole degli amici –, serio, fine, umile e leale, come era il fratello Gianluca, soprattutto un ragazzo puro di cuore». Il pontefice gli ha preso la mano con la sinistra e non lo ha più lasciato, mentre con l’altra mano ha continuato a salutare il resto degli orunesi vestiti con il costume sardo. «Al Santo Padre – riprende Bardeglinu – abbiamo chiesto di rivolgere un pensiero a tutti gli emigrati di Orune, agli abitanti, ai pastori e anche ai miei colleghi di lavoro che ora vivono un momento di incertezza». Il pontefice ha fatto un cenno con la testa allo stesso Bardeglinu e ad Antonio Gattu, 23 anni, anche lui in prima fila, come a dire che era cosa fatta, poi rivolgendosi ancora una volta a Pasquale Monni: «Pregherò per voi, pregherò per tuo fratello». Ancora una carezza, un altro sussulto. È in quel momento che gli occhi dell’uno e dell’altro hanno brillato della stessa luce.
Missione compiuta, dunque, per gli orunesi in trasferta. «Due anni fa, subito dopo la tragedia che ha colpito la famiglia Monni e l’intera comunità di Orune – ricapitola il presidente del gruppo Santu Sidore – chiesi espressamente di poter essere ricevuto dal Santo Padre per prendere le difese del mio paese, attaccato in modo barbaro da certi mass media senza scrupoli in cerca di scoop. Come la stragrande maggioranza dei miei paesani, ci siamo sentiti impotenti. Su Orune gravava un’antica scomunica che in molti racconti uditi nelle circostanze al limite del dolore vissute, sembrava avvolgerlo come in una cupa nube». «Al Papa abbiamo chiesto di togliere questa ombra una volta per tutte». «E visto che non potevamo presentarci davanti a Francesco a manos nudas – chiude Gianluca Bardeglinu –, gli ho donato il cd “S’emigrante”, il mio libro “Il paese è solido” e un orologio da polso dei maestri orologiai Francesco Chessa e Giovanni Ticca. A Papa Francesco ho chiesto di indossarlo, così ogni volta che andrà a guardare l’orario, potrà ricordarsi di noi, di Orune». E pregare sempre per Gianluca Monni.
«Gli abbiamo chiesto di pregare per il nostro paese, di benedire le nostre famiglie, i nostri lavori. E gli abbiamo presentato Pasquale» racconta Gianluca Bardeglinu, 37 anni, presidente e fondatore del gruppo Santu Sidore.
Papa Bergoglio ha subito guardato negli occhi Pasquale, «un ragazzo delicato – sono le parole degli amici –, serio, fine, umile e leale, come era il fratello Gianluca, soprattutto un ragazzo puro di cuore». Il pontefice gli ha preso la mano con la sinistra e non lo ha più lasciato, mentre con l’altra mano ha continuato a salutare il resto degli orunesi vestiti con il costume sardo. «Al Santo Padre – riprende Bardeglinu – abbiamo chiesto di rivolgere un pensiero a tutti gli emigrati di Orune, agli abitanti, ai pastori e anche ai miei colleghi di lavoro che ora vivono un momento di incertezza». Il pontefice ha fatto un cenno con la testa allo stesso Bardeglinu e ad Antonio Gattu, 23 anni, anche lui in prima fila, come a dire che era cosa fatta, poi rivolgendosi ancora una volta a Pasquale Monni: «Pregherò per voi, pregherò per tuo fratello». Ancora una carezza, un altro sussulto. È in quel momento che gli occhi dell’uno e dell’altro hanno brillato della stessa luce.
Missione compiuta, dunque, per gli orunesi in trasferta. «Due anni fa, subito dopo la tragedia che ha colpito la famiglia Monni e l’intera comunità di Orune – ricapitola il presidente del gruppo Santu Sidore – chiesi espressamente di poter essere ricevuto dal Santo Padre per prendere le difese del mio paese, attaccato in modo barbaro da certi mass media senza scrupoli in cerca di scoop. Come la stragrande maggioranza dei miei paesani, ci siamo sentiti impotenti. Su Orune gravava un’antica scomunica che in molti racconti uditi nelle circostanze al limite del dolore vissute, sembrava avvolgerlo come in una cupa nube». «Al Papa abbiamo chiesto di togliere questa ombra una volta per tutte». «E visto che non potevamo presentarci davanti a Francesco a manos nudas – chiude Gianluca Bardeglinu –, gli ho donato il cd “S’emigrante”, il mio libro “Il paese è solido” e un orologio da polso dei maestri orologiai Francesco Chessa e Giovanni Ticca. A Papa Francesco ho chiesto di indossarlo, così ogni volta che andrà a guardare l’orario, potrà ricordarsi di noi, di Orune». E pregare sempre per Gianluca Monni.