Salario minimo negli appalti pubblici, il Comune approva la norma
«Si tratta di una questione di dignità e libertà»
Nuoro Il Comune capoluogo chiederà ad appaltatori e concessionari di garantire ai dipendenti il salario minimo di 9 euro l’ora. La regola nella mozione presentata ieri all’assemblea civica dalla consigliera di maggioranza Irene Melis (Riformisti-Pd), e poi approvata, con 17 voti favorevoli (della maggioranza), 4 contrati e 3 astenuti.
«Si tratta di una questione di dignità e libertà – ha detto - rispetto alla quale non si può venire meno. La clausola – ha aggiunto Melis - non andrà a contrastare sui contratti collettivi, ma opererà come integrazione, quando né questi, né il contratto dell’impresa avranno già previsto il minimo salariale».
La seduta nel palazzo civico è di quelle ad ampio spettro. Tanto che vi entrano questioni contingenti, non all’ordine del giorno. Una riguarda il disservizio idrico, appena patito in città, dopo che la condotta da “Janna ‘e Ferru” ha accusato l’ennesima rottura. «Dovreste informare in tempo – ha chiesto l’esponente di “Siamo Nuoro”, Pierluigi Saiu – considerato che per due giorni si è rimasti a secco». Il sindaco Emiliano Fenu garantisce che «l’informazione c’è stata. Certo quando si tratta di guasti improvvisi – ha aggiunto – può risultare complicato comunicarli».
Nel momento in cui nel confronto (sempre in maniera incidentale) entra la mancato presentazione delle dichiarazioni programmatiche del sindaco, è ancora l’area di influenza di Saiu a scaldare il clima dell’aula: «I nuoresi le attendono – dice – per capire se quest’amministrazione ha una visione o meno rispetto alle esigenze della città». L’ex assessore regionale sull’argomento ha un supporto da sinistra, con Lisetta Bidoni, che ritiene l’atto necessario, «per dare anche ufficialmente un inizio al dibattito nell’assemblea».
Fenu garantisce il passaggio in aula già dalla prossima seduta. Ricorre anche alla norma, affermando che «il termine è di 90 giorni dall’insediamento della giunta, e si tratta di una regola ordinatoria». Puntualizza a tal segno da far intendere che la denuncia era messa nel conto. Di meno quella sulla delibera per aggiornare il piano triennale (2025-2027) sulle opere pubbliche. Già oggetto qualche mese fa di una prima variazione da parte del commissario straordinario. Ieri in aula per sancirvi un’aggiunta d’interventi per 5 milioni. Quelli che il Comune vuole ottenere dal ministero, con l’obiettivo di mettere in sicurezza la scuola “Calamida” e fare un’opera di riordino nelle strade urbane.
Lo presenta l’assessora Giulia Corda: «C’è questa possibilità finanziaria – spiega l’esponente dell’esecutivo – e siamo qui a chiedere che il Consiglio dia il via libera all’aggiornamento». Cosa che avviene senza particolari riserve. Lo sostengono in 20 su 24 presenti. Chi non dice “sì”, sceglie di astenersi. Il piano è certo più largo. Tra le altre cose contiene gli interventi per la ristrutturazione dell’ex albergo Esit, sull’Ortobene, e del mulino Gallisai. Per i quali c’è un progetto di recupero approvato, ma non i soldi per i cantieri: «Per questo non figurano nell’annualità 2025», spiega Tiziana Mossone, dirigente del settore Infrastrutture e Servizi manutentivi. Nel primo edificio dovrà nascere un centro benessere.
Nel palazzotto del rione San Pietro aule e laboratori per l’università. Tradotto in denari, 15 milioni li richiede il vecchio hotel, 10 il palazzone cittadino: «Perché l’intervento nel mulino è stato definanziato, mentre per l’ex Esit si dovrà trovare l’ente disponibile ad assegnarci le risorse», ricorda Mossone. Il sindaco Fenu garantisce che «sarà fatto tutto il necessario affinché queste due opere possano vedere la luce». La situazione d’incertezza in cui si barcamenano è stata più che sufficiente per rinfocolare vecchie accuse, in questo caso a carattere trasversale. Quelle, ricordate, di Saiu.
Quelle di Bidoni e dell’esponente dei Riformisti, Leonardo Moro, contro l’amministrazione Soddu: «Hanno aggiunto altre due incompiute a un elenco già lungo», ha detto quest’ultimo. Mentre, rispetto al mulino, per Bidoni l’errore è stato «di non proseguire con il progetto per farne un centro di ricerca sull’identità e la tradizione locale».
