La Nuova Sardegna

Olbia

Una grande rete in difesa delle donne

di Stefania Puorro

Anche Questura e Prefettura nel protocollo che unisce istituzioni e territorio. Il grande lavoro del centro antiviolenza

26 novembre 2014
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OLBIA. Se negli occhi spenti delle donne violentate e picchiate riappare una luce, è solo grazie a Prospettiva Donna, la cui azione è insostituibile». Le parole, che colpiscono nel profondo, sono quelle di Antonio Rubattu, primario di un reparto ospedaliero (Ginecologia e Ostetricia) dove è in atto un iter diagnostico per tutelare le vittime di brutalità fisiche e psichiche. Il suo intervento arriva nella giornata internazionale contro la violenza sulle donne che si celebra in una sala consiliare affollata. Al centro di tutto c’è un protocollo, quello del 2009, di cui facevano già parte Comune, Asl e Centro antiviolenza, e che ora ha allargato la sua rete coinvolgendo Prefettura (con la firma del vice prefetto Maria Antonietta Gregorio)e Questura (rappresentata dal vice questore aggiunto Fabio Scanu). Più uniti, più forti e più numerosi per cercare di combattere e debellare la violenza di genere.

I giovani I lavori aperti da Piera Bisson, vice presidente di Prospettiva Donna, coinvolgono pure gli studenti (Panedda, Gramsci, De Andrè, Mossa) con i quali il centro antiviolenza ha realizzato importanti lavori: molti video dei ragazzi vengono oggi presi come esempio e utilizzati a livello nazionale. Fondamentale, in quell’aula, la presenza dei giovani. E la prima dirlo è proprio Patrizia Desole, guida di Prospettiva Donna. «Perché è da loro che bisogna partire, con una campagna di sensibilizzazione e di prevenzione».

I numeri. Di fronte a numeri da brivido, da più parti si sollecitano i finanziamenti per centri antiviolenza, il cui ruolo è indispensabile. «Dal 2009 al 2012 - ha raccontato la Desole - sono state 10mila le donne violentate nell’isola. E solo nel nostro centro, dal 2009 al 2011, abbiamo accolto più di 800 donne. Oltre 200 solo l’anno scorso. Ma la violenza sulle donne continua a non fermarsi e l’ultimo caso, che ha visto una donna scappare da un marito che la picchiava, è la terrificante conferma. Ecco perché bisogna lavorare molto di più in rete, con la consapevolezza che la violenza sulle donne non è e non può essere un fatto privato, ma un fenomeno complesso e strutturale della società».

Un centro indispensabile.Lo straordinario lavoro di Prospettiva Donna è stato ribadito da tutti coloro che sono intervenuti, tra i quali l’assessore alla Sicurezza Ivana Russu («Senza Prospettiva Donna non sapremmo cosa fare»), da Amadeus Ehrhardt, responsabile del Centro di salute mentale, e dal sindaco Gianni Giovannelli. «Ringrazio il centro antiviolenza per quello che fa - ha detto il sindaco -, ma ringrazio anche la polizia municipale e gli operatori dei Servizi Sociali. Il merito va a tutte le parti impegnate, ma l’obiettivo deve essere quello di portare nella rete anche i cittadini affinché proteggano le vittime di violenza».

La rete. «Se in Italia calano gli omicidi - ha ribadito Maria Antonietta Gregorio -, non accade altrettanto per violenze e aggressioni sulle donne: un terzo della popolazione femminile del nostro Paese ha dichiarato di essere stata vittima di violenze. E si tratta di donne di tutte le classi sociali». «Donne che, però, non possono farcela da sole, perché la violenza entra nel vissuto profondo delle persone, scava solchi non facili da eliminare - ha aggiunto Ida Flora Manca, psicoterapeuta della Asl -: ecco perché serve il lavoro in rete».

I bambini «Ma se le donne vittime di violenza vanno tutelate, confortate e aiutate, tutela e attenzione devono essere maggiori quando si tratta dei bambini. Loro sono ancora più deboli - ha rimarcato Antonio Balata, primario di Pediatria - e per questo, per loro, abbiamo creato in ospedale un percorso protetto. Che si tratti di violenza trasversale, non ci sono dubbi. Da noi sono arrivati bambini con gravi danni fisici e, in molti casi, erano figli di colleghi o di altri professionisti».

La prevenzione. Ma sulla trasversalità della violenza di genere aveva già parlato anche Rino Piccinnu, assessore ai Servizi Sociali, il quale ha poi concentrato il suo intervento sulla prevenzione. «Il bullo è un possibile delinquente o forse un futuro violento domestico. E quindi, per combattere il fenomeno della violenza di genere, bisogna partire dalle scuole». «Proprio ieri - ha aggiunto Gianni Serra, comandante della polizia municipale - siamo intervenuti in una scuola media perché tre ragazzi creavano grossi problemi in classe. Fondamentale, quindi, diffondere la cultura della legalità». E poi: «Viviamo ogni giorno esperienze drammatiche e anche noi abbiamo denunciato numerosi stalker e ci siamo occupati di condotte persecutorie gravi e costanti per mesi e mesi».

Codice rosa. «E qui viene fuori una volta di più il ruolo fondamentale della rete. Al pronto soccorso - ha detto il primario Attilio Bua -, dove accogliamo molte donne e bambini vittime di violenza, è stato istituzionalizzato il codice rosa. Uno strumento che mette in condizione chi ha subìto violenze di essere garantito».

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