La Nuova Sardegna

Olbia

Quartiere Baratta, la rabbia dei cittadini alluvionati due volte

di Tiziana Simula
Quartiere Baratta, la rabbia dei cittadini alluvionati due volte

In una petizione chiedono l’esenzione dalla Tari e dall’Irpef «Il Comune metta in sicurezza il nostro rione al più presto»

17 maggio 2016
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OLBIA. Un quartiere ferito due volte. Che lotta ancora per risollevare la testa, col terrore sempre in agguato che un nuovo disastro possa travolgerlo di nuovo. Gli alluvionati di zona Baratta, rione finito sott’acqua il 18 novembre 2013 e il 1 ottobre 2015, bussano alla porta del Comune per chiedere «l’esenzione dalla tassa dei rifiuti solidi urbani e dall’Irpef almeno per il biennio 2016-2017». Lo fanno attraverso una petizione già protocollata in Comune e firmata da una cinquantina di famiglie. «L’esenzione dalle imposte comunali – dicono – sarebbe se non un “atto riparatorio”, almeno un gesto di concreta solidarietà da parte del Comune». Perché, incalzano amareggiati Maria Dettoto, Piero Ruju, Gianni Mascia e Lorenzo Gaias, alcuni firmatari della petizione, «il secondo alluvione è stato devastante quanto il primo per le nostre case e la nostra sicurezza, ma per l’amministrazione comunale è come se non fosse successo. Non abbiamo visto neanche un euro per i danni subiti. Eppure, per noi, è stata una seconda catastrofe: abbiamo buttato via mobili, rifatto lavori dentro casa e messo in sicurezza le nostre abitazioni con paratie alle porte e altri accorgimenti per proteggerci da nuove inondazioni».

La rabbia corre da via Val D’Aosta a via Baratta, da via Malta a via Friuli, da via Lazio a via Euganea, da via Emilia a via Tre Venezie: tutte erano state travolte dalla furia dell’acqua, il 1 ottobre scorso. «Quel giorno – ricordano – la pioggia non era stata eccezionale come il 18 novembre 2013. Ma le nostre case erano state inondate allo stesso modo: l’acqua usciva con violenza dai pozzetti. Questa zona è come una vasca. Quando piove si riempie. Bisogna abbassare il livello stradale nella zona di Sa Fossa, altrimenti l’acqua non defluisce». Le famiglie chiedono al Comune che realizzi opere adeguate per la messa in sicurezza del quartiere, «che risultata essere una delle zone più a rischio della città», rimarcano nella petizione. «Il secondo alluvione per noi è stato anche peggio del primo – aggiunge Gianni Mascia – perché abbiamo capito che, ogni volta che pioverà, qui, saremo punto e a capo se non si metterà in sicurezza il quartiere». Maria Dettoto mostra le paratie che ha fatto costruire nel portone d’ingresso della sua casa, in via Val D’Aosta. Non basta. «Dopo il secondo alluvione – spiega –, ho rifatto tutti i mobili in muratura. Non posso permettermi di spendere altri soldi per comprare nuovamente gli arredi». Lorenzo Gaias abita in via Lazio da quattro anni «e la mia casa è stata già distrutta due volte».

Nella petizione, i firmatari chiedono l’esenzione dalle imposte comunali «in ragione del fatto che – spiegano – ad oggi non sono state costruite opere adeguate per la messa in sicurezza di zona Baratta. In attesa che il Comune provveda, gli abitanti del quartiere per cercare di proteggere al meglio le loro case hanno realizzato, utilizzando i pochi fondi avuti come ristoro per la prima alluvione, tutti quegli interventi che potevano consentire di continuare a vivere nelle loro abitazioni: paratie negli ingressi delle case, valvole di non ritorno, mobilia in muratura o con materiali difficilmente deperibili – aggiungono –. Ma fra i sottoscrittori ci sono anche persone che non hanno potuto realizzare nessun tipo di lavoro e di protezione, e oggi vivono con l’ossessione che possa succedere ancora. L’esenzione dalle imposte verrebbe ad essere se non un atto riparatorio, almeno un gesto di concreta solidarietà da parte del Comune, un segnale che possa riaccendere la speranza in un futuro migliore e sicuro».

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