La Nuova Sardegna

Olbia

La marcia dei 700: «Vogliamo il ponte»

di Dario Budroni
La marcia dei 700: «Vogliamo il ponte»

Dura protesta del quartiere di Isticadeddu a cui si è unita anche la città. La consegna era stata prevista a fine 2016

21 maggio 2017
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OLBIA. La periferia ovest marcia sulla città. In corteo ci sono uomini e donne con la pazienza ai minimi storici. Hanno impugnato lenzuola e cartelloni e sono scesi per strada. «Vogliamo il ponte», hanno gridato a squarciagola. Nel mirino della protesta ci finisce l’amministrazione comunale. Il bersaglio preferito è il sindaco Settimo Nizzi. Secondo gli organizzatori, in 700 hanno marciato rompendo il silenzio con il suono dei fischietti. A scatenare la rabbia è il ponte sul rio Siligheddu. Doveva essere pronto per Natale, ma il cantiere è chiuso da un pezzo. Nessuno conosce con esattezza i motivi che hanno causato il rallentamento e lo stop del lavori. Ma in tanti temono che, tra una modifica e l’altra del progetto, si sia inceppata la macchina della costruzione e che siano addirittura terminati i soldi.

La manifestazione. Il corteo è partito da Isticadeddu, ha raggiunto via Barcellona e via Vittorio Veneto, poi è tornato a Isticadeddu. Antioco Tilocca, uno dei promotori, lo ha detto con orgoglio. «Erano anni che non si vedevano manifestazioni così numerose». Piergiovanni Porcu, presidente del comitato di Isticadeddu, ha ribadito. «Questa non è solo la protesta del quartiere. Il problema riguarda tutti, anche perché questa strada collega Olbia con l’alta Gallura». E Franco Dore, dirigente della Cgil, ha annunciato: «Abbiamo portato la questione al tavolo delle associazioni».

Opposizioni in corteo. Nel corteo anche i consiglieri del centrosinistra Rino Piccinnu e Patrizia Desole e diversi militanti del Movimento 5 stelle. Entrambe le opposizioni hanno presentato un’interrogazione al sindaco. «Il progetto del ponte era stato fatto e c’erano anche i soldi – ha detto Piccinnu –. Poi il sindaco lo ha modificato. Ma quando si è in zona Hi4, dove non si può muovere neanche uno spillo, bisogna rifare tutto da capo. È per questo che il cantiere si blocca. Ci vorrà forse una sanatoria per proseguire i lavori?». Patrizia Desole alla folla ha detto: «Non lasciateci soli, venite in Consiglio comunale». Roberto Tamponi, militante del M5s, ha gridato: «Vogliamo sapere perché il cantiere è bloccato».

Disagi e fallimenti. L’interruzione della strada obbliga migliaia di persone al semi-isolamento. Per raggiungere la sponda opposta del fiume, che taglia in due Isticadeddu, bisogna percorrere 5 chilometri in auto. «Siamo stanchi e nessuno ci spiega il motivo di questo ritardo» ha commentato Torina Sulas, del comitato. Una ditta che vendeva materiale edile, a causa della diminuzione del traffico, ha dovuto chiudere i battenti. «Ha chiuso e sono stati licenziati dei padri di famiglia» ha spiegato Salvatore Atzeni, della Cisl.

Lunga storia. Tutto è cominciato nell’ottobre del 2015, durante la seconda alluvione, quando l’ex sindaco Giovannelli ordinò la demolizione del vecchio ponte-tappo in fondo a via Vittorio Veneto. La ricostruzione è stata inserita nel piano Mancini. Ad aggiudicarsi l’appalto, per quasi 900mila euro, la ditta Angius. I lavori erano cominciati a giugno, ma poi erano stati interrotti per via di una falda. Le ruspe erano ripartite a settembre. Nel frattempo è cambiata la giunta. Il sindaco Nizzi ha modificato il progetto originario per adeguare il ponte ai futuri lavori di rifacimento dell’ingresso ovest della città, dove sarà allargata la carreggiata e compariranno delle rotatorie. Il cantiere, però, ora è un fantasma.

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