La Nuova Sardegna

Olbia

Olbia, la giunta e le quote rosa il Tar dice no al ricorso

La sede del Tar Sardegna
La sede del Tar Sardegna

Era stato presentato dalle consigliere comunali d’opposizione Desole e Russu Il sindaco: abbiamo sempre avuto fiducia, continuiamo a lavorare con serenità

31 agosto 2017
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OLBIA. Il Tar della Sardegna dice no al ricorso sul mancato rispetto delle quote rosa nella composizione della giunta guidata dal sindaco Settimo Nizzi. Il tribunale amministrativo si è pronunciato a favore del comune di Olbia dichiarando inammissibile il ricorso per difetto di legittimazione da parte dei ricorrenti. È stata la stessa amministrazione comunale ieri sera a dare notizia della decisione del Tar con un comunicato di poche righe. Lapidario anche il commento del sindaco: «Non possiamo che ritenerci soddisfatti per l’esito della vicenda, – afferma Settimo Nizzi – abbiamo sempre avuto fiducia nei magistrati. La giunta prosegue nel proprio lavoro con la serenità che ci ha accompagnato in questo primo anno di amministrazione».

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Il ricorso era stato presentato l’anno scorso da Patrizia Desole e Ivana Russu, consigliere comunali della Coalizione civica e democratica, all’opposizione nei banchi dell’assemblea civica, con il patrocinio degli avvocati Carlo Selis e Carlo Cadeddu, capogruppo della Coalizione civica in consiglio comunale e oggi assessore regionale ai Trasporti.

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Il ricorso tendeva a verificare se nell'ordinanza di nomina degli assessori che compongono la giunta di Olbia fosse stata rispettata la parità di genere. L'iniziativa era stata presa con il sostegno di varie associazioni del territorio (a cominciare dal centro antiviolenza Prospettiva donna) e di cittadini di Olbia. A fondamento del ricorso il disposto della legge numero 56 del 2014 che tutela la parità e la rappresentanza di genere stabilisce che la giunta comunale di un centro con più di 3000 abitanti deve essere composta per il 40% da uno dei due generi.

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Il comune di Olbia si era costituito in giudizio attraverso l’avvocato Emanuela Traina sostendendo in via preliminare «l’inammissibilità del ricorso in quanto proposto congiuntamente da un ente collettivo e da singoli soggetti di sesso femminile, senza che sia data prova di una posizione unitaria sotto il profilo sostanziale e processuale; e quindi in violazione con le regole che ammettono il ricorso collettivo nel processo amministrativo».
 

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