La Nuova Sardegna

Olbia

A Monte Pino scatta il sequestro

di Tiziana Simula
A Monte Pino scatta il sequestro

Blitz della Procura nella strada crollata: indagati l’amministratore dell’impresa e il direttore dei lavori

24 settembre 2020
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OLBIA. I lavori di ricostruzione della strada di Monte Pino, sprofondata nell’alluvione del 18 novembre 2013 trascinando con sé tre vite, possono attendere. La ripresa del cantiere annunciata a breve, non ci sarà. Non per ora. Tutto il tratto della strada provinciale 38 bis interessata dalla ricostruzione con i suoi undici cantieri è stata messa sotto sequestro preventivo. Un provvedimento urgente disposto dal procuratore Gregorio Capasso ed eseguito nella tarda mattinata di ieri dai carabinieri del Noe di Sassari, gli specialisti del Nucleo operativo ecologico, a cui il procuratore ha affidato la delega per le indagini all’indomani di alcuni cedimenti che si erano verificati in diversi punti delle opere finora realizzate.

I sigilli sono scattati in tutti e undici i cantieri: l’attività investigativa disposta dalla procura ha evidenziato gravi anomalie e irregolarità nella realizzazione delle strutture finora costruite. Sotto inchiesta i lavori eseguiti dall’impresa Imp costruzioni generali di Carloforte che si era aggiudicata l’appalto nel 2018: indagata la rappresentante legale della società, Victoria Archontis, e il direttore del cantiere Peppino Melis, entrambi difesi d’ufficio dall’avvocato Cristian Cicoria.

L’inchiesta sul cantiere fantasma – senza operai e ruspe da un anno, da quando cioè l’Anas ha rescisso il contratto all’impresa di Carloforte che si era ritirata per problemi economici, bloccando la ricostruzione al 30 per cento – era scattata in seguito ad alcuni cedimenti e crolli che si erano verificati nei manufatti in cemento armato in seguito a violente piogge: tra gli altri, si era spezzato ed era in parte sprofondato, un grande attraversamento idraulico, ancora incompleto. Ma danneggiamenti sono stati riscontrati in diversi punti delle strutture nel corso dei vari sopralluoghi eseguiti dal Noe, affiancati nell’attività d’indagine da consulenti tecnici. I carabinieri del Nucleo operativo ecologico hanno ricevuto un’ampia delega da parte della Procura e gli accertamenti si sono protratti per diversi mesi. Sono stati eseguiti rilievi tecnici e fotografici dei manufatti danneggiati e di tutte le opere realizzate. È stata vagliata anche la documentazione relativa al capitolato speciale d’appalto e i materiali utilizzati per la costruzione delle opere: accertamenti volti a verificare se il materiale utilizzato e la modalità di costruzione del manufatto, corrispondessero a quanto indicato nel capitolato speciale d’appalto (nel quale vengono, appunto, definiti requisiti e qualità delle opere che devono essere realizzate, con particolare attenzione alle caratteristiche dei materiali impiegati e alle modalità di esecuzione dei lavori). Hanno, insomma, verificato se le opere sono state eseguite correttamente.

Ieri, la svolta clamorosa dell’inchiesta. Col sequestro preventivo dei cantieri. La Procura ipotizza gravi irregolarità, tanto da mettere in discussione la prosecuzione dei lavori.

Così, la storia tormentata e vergognosa della strada crollata di Monte Pino, registra un nuovo colpo di scena a sette anni dalla morte di Bruno Fiore, della moglie Sebastiana Brundu e della consuocera Maria Loriga (una quarta persona, Veronica Gelsomino si salvò miracolosamente).

Un nuovo stop che arriva dopo l’annuncio di una imminente ripresa dei lavori da parte della Malacrida srl, un’impresa lombarda (di Lesmo) che si sta già occupando di diverse opere e lavori per conto dell’Anas e che avrebbe dovuto riprendere in mano e completare la strada nell’ambito di un accordo quadro di 10 milioni di euro già in essere.

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