Antisemitismo, ragazzi “immuni”
di Giuseppe Pulina
Il presidente dell’Eurispes incontra 2 quinte del Dettori e illustra una ricerca aggiornata sui naziskin
28 gennaio 2021
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TEMPIO. Tempestato di domande su quello che si può ritenere uno dei temi caldi dell’attualità. Gian Maria Fara, presidente dell’Istituto Eurispes ha incontrato ieri, naturalmente online, gli studenti di due classi del liceo “Dettori” per fare qualcosa di diverso nel giorno della memoria dedicato allo sterminio ebraico. Non un film e nemmeno un convegno; la via scelta dal liceo diretto dalla Ds Concetta Cimmino è stata questa volta il confronto diretto con un sociologo di chiara fama per approfondire il significato e la gravità dei dati sulla diffusione dell’antisemitismo in Italia. «Quasi una sorta di aggiornamento – ha dichiarato Fara – di un nostro lavoro di ricerca sui naziskin risalente al 1994. Da allora sono intervenuti tanti cambiamenti, se pensiamo che l’antisemitismo ha smesso di riguardare il 2% circa della popolazione italiana per passare al 15%».
La crescita esponenziale del fenomeno, che negli anni ha assunto forme nuove, preoccupa gli studenti che hanno intervistato il presidente di Eurispes. Tra i dati dell’ultimo Rapporto Italia ce n’è però uno che in qualche modo li conforta: l’italiano si fa sempre più razzista, anche se spesso nega di esserlo o di esserne consapevole, ma a farsi coinvolgere da questo triste fenomeno sono sempre meno i giovani e sempre più chi è avanti con gli anni.
«Merito – ha osservato la ds del liceo tempiese – anche del ruolo positivo della scuola e della formazione culturale che garantisce».
Una tesi condivisa da Fara, e non solo perché suffragata dai dati della ricerca. Il presidente e fondatore di Eurispes ritiene, infatti, che ci sia un gap generazionale di natura culturale che giochi a favore dei più giovani e che questo si possa riferire al loro più elevato grado di scolarizzazione e a una migliore conoscenza del mondo. «Giovani laici, perché meno ideologizzati di quanto siano state le generazioni precedenti, le quali, svegliandosi la mattina, non si chiedevano se era più giusto essere di destra o di sinistra, perché già lo sapevano». Il rapporto Eurispes non vuole essere, comunque, un atto di accusa verso il cosiddetto mondo degli adulti, pur essendo innegabili le responsabilità che a questo vanno riconosciute. D’altronde, sembra che ci siano regioni del mondo – e si parla di Occidente – in cui le cose sembrano andare peggio. È quel che ha detto Fara rispondendo alla domanda di una studentessa del Classico, Giada Amadori, che, prendendo spunto dall’assalto a Capitol Hill, ha voluto sapere se corrisponde al vero il fatto che l’antisemitismo sia diffuso soprattutto negli Stati Uniti. La risposta è stata la conferma di quanto la liceale aveva già supposto con la domanda. Più dei numeri, qui conterebbero le immagini crude e inequivocabili di quanto è accaduto a Washington. Con le loro domande, formulate secondo la formula del question time, gli studenti hanno chiesto se l’antisemitismo è ancora legato a pregiudizi di natura religiosa, se e come viene percepito il fenomeno dalle comunità ebraiche presenti in Italia e se tutti gli intervistati hanno risposto di buon grado alle domande dei ricercatori.
La crescita esponenziale del fenomeno, che negli anni ha assunto forme nuove, preoccupa gli studenti che hanno intervistato il presidente di Eurispes. Tra i dati dell’ultimo Rapporto Italia ce n’è però uno che in qualche modo li conforta: l’italiano si fa sempre più razzista, anche se spesso nega di esserlo o di esserne consapevole, ma a farsi coinvolgere da questo triste fenomeno sono sempre meno i giovani e sempre più chi è avanti con gli anni.
«Merito – ha osservato la ds del liceo tempiese – anche del ruolo positivo della scuola e della formazione culturale che garantisce».
Una tesi condivisa da Fara, e non solo perché suffragata dai dati della ricerca. Il presidente e fondatore di Eurispes ritiene, infatti, che ci sia un gap generazionale di natura culturale che giochi a favore dei più giovani e che questo si possa riferire al loro più elevato grado di scolarizzazione e a una migliore conoscenza del mondo. «Giovani laici, perché meno ideologizzati di quanto siano state le generazioni precedenti, le quali, svegliandosi la mattina, non si chiedevano se era più giusto essere di destra o di sinistra, perché già lo sapevano». Il rapporto Eurispes non vuole essere, comunque, un atto di accusa verso il cosiddetto mondo degli adulti, pur essendo innegabili le responsabilità che a questo vanno riconosciute. D’altronde, sembra che ci siano regioni del mondo – e si parla di Occidente – in cui le cose sembrano andare peggio. È quel che ha detto Fara rispondendo alla domanda di una studentessa del Classico, Giada Amadori, che, prendendo spunto dall’assalto a Capitol Hill, ha voluto sapere se corrisponde al vero il fatto che l’antisemitismo sia diffuso soprattutto negli Stati Uniti. La risposta è stata la conferma di quanto la liceale aveva già supposto con la domanda. Più dei numeri, qui conterebbero le immagini crude e inequivocabili di quanto è accaduto a Washington. Con le loro domande, formulate secondo la formula del question time, gli studenti hanno chiesto se l’antisemitismo è ancora legato a pregiudizi di natura religiosa, se e come viene percepito il fenomeno dalle comunità ebraiche presenti in Italia e se tutti gli intervistati hanno risposto di buon grado alle domande dei ricercatori.