La Nuova Sardegna

Olbia

Botte all’anziana, processo in Appello

Botte all’anziana, processo in Appello

Procura e parte civile impugnano la sentenza di assoluzione di una badante

31 ottobre 2021
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OLBIA. Arriva al giudizio della Corte d’appello di Sassari il caso di presunti maltrattamenti nei confronti di una 86enne di Olbia, affetta da demenza senile, da parte della sua badante, Giovanna Capra, 66 anni di Torpè. L’imputata era stata assolta dal tribunale di Tempio nel 2018. Ma la sentenza è stata impugnata dalla Procura di Tempio e dal difensore di parte civile, l’avvocato Cristina Cherchi. Il processo d’appello è fissato per il 17 novembre. Giovanna Capra era accusata di aver picchiato l’anziana in più occasioni, colpendola con schiaffi e pugni in testa, provocandole ematomi sul corpo, sul viso e sul cuoio cappelluto e minacciandola. «Bos coso sa ucca; bos bocco...», «vi cucio la bocca, vi uccido...», sarebbero alcune delle minacce che la badante avrebbe rivolto alla donna, come riportato nel capo d’imputazione (i fatti risalgono al 2017). L’imputata, difesa dagli avvocati Angelo Merlini e Donatella Corronciu, era stata assolta dall’allora gup del tribunale di Tempio, Cristina Arban ritenendo che non ci fosse alcuna certezza su come quelle lesioni fossero state provocate all’anziana, né l’abitualità della condotta, necessaria a configurare il reato di maltrattamenti. Elementi che, secondo quanto riportato nella motivazione, non trovavano conferma nella registrazione audio presente in atti, «assai poco chiara», scriveva. Da qui l’assoluzione. Ma proprio su quella registrazione si fondano gli appelli di Procura e parte civile. Che ritengono che in quegli audio, si sentano chiaramente le minacce e i colpi inferti all’anziana. Quando le figlie della donna si erano accorte dei lividi sul viso e sul corpo della madre, avevano messo dei registratori in casa così da documentare cosa accadesse quando la lasciavano da sola con la badante. I dialoghi erano in sardo. Nell’appello, la parte civile ritiene che non conoscendo la lingua sarda, «il giudice non abbia avuto modo di apprezzare la reale portata probatoria della registrazione, e per questo avrebbe dovuto procedere all’integrazione dell’istruttoria al fine di tradurre in italiano la registrazione». La delicata vicenda passa ora al vaglio della Corte d’appello.

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