La Nuova Sardegna

Olbia

L’udienza il 6 febbraio

Tentato omicidio a Marinella, processo d’appello per Elia 17Baby

di Tiziana Simula
Tentato omicidio a Marinella, processo d’appello per Elia 17Baby

Il cantante romano 27enne condannato a 10 anni per aver accoltellato alla schiena il sassarese Fabio Piu

29 gennaio 2024
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Olbia «La mano armata e insanguinata che quella notte attentò alla vita di Fabio Piu fu solo e proprio quella di Elia di Genova». È uno dei passaggi della sentenza con cui il gip del tribunale di Tempio Claudio Cozzella, il 12 giugno scorso, ha dichiarato colpevole di tentato omicidio il trapper Elia17 Baby, all’anagrafe Elia Di Genova, romano 27enne, accusato di aver piantato un coltello nella schiena di Fabio Piu, 36enne, guardia giurata ed ex pugile sassarese. I fatti erano accaduti la notte del 14 agosto 2022 nella spiaggia di Marinella, a Porto Rotondo. Elia di Genova è stato condannato a dieci anni di reclusione (con rito abbreviato), due anni in più rispetto a quanto chiesto dal pubblico ministero. Applicata anche la misura di sicurezza della libertà vigilata per tre anni. Alla vittima, costituita parte civile nel processo con l’avvocato Jacopo Merlini, è stata riconosciuta una provvisionale di 100 mila euro a titolo di risarcimento del danno subito.

Dal giorno della pugnalata alla schiena, Fabio Piu non cammina più autonomamente e sta affrontando una lunga riabilitazione. Fin da subito i difensori del trapper avevano annunciato battaglia: «Ricorreremo in appello perché riteniamo la sentenza ingiusta – avevano detto gli avvocati Pietro e Gian Maria Nicotera – Il tentato omicidio è stato riconosciuto nonostante le numerose contraddizioni dei testi». Il ricorso in appello è stato presentato. E ora è stata fissata anche l’udienza. Che si terrà il 6 febbraio alla Corte d’appello di Sassari.

L’accoltellamento era avvenuto durante una discussione tra due gruppi di giovani. Il fendente aveva colpito Fabio Piu nella parte lombare e la lama era passata tra le vertebre danneggiando il midollo. La coltellata era costata alla guardia giurata sassarese una gravissima lesione della colonna vertebrale. Dopo il ferimento, Di Genova si era allontanato e aveva fatto sparire il coltello. Come emerge dalla sentenza del gip, ad averlo visto mentre lo colpiva, ci sono tre testimoni oculari. Dopo averlo ferito, il trapper si era liberato del coltello lanciandolo nella vegetazione, ma prima di disfarsene, aveva tolto i due adesivi col logo del suo nome d’arte, come emerso dagli accertamenti eseguiti sull’arma. Che era stata ritrovata dai carabinieri nove giorni dopo, in mezzo a piante e rovi.

Tra le prove raccolte, un filmato girato in Costa Smeralda dove Elia Di Genova appariva con lo stesso identico coltello. Dopo il fatto, il giovane era stato rintracciato dai carabinieri in un albergo di Poltu Quatu e arrestato per tentato omicidio. Dopo nove mesi trascorsi in carcere (due a Bancali e sette a Viterbo), il gip del tribunale di Tempio aveva deciso di sostituire la misura cautelare con una meno afflittiva, concedendogli gli arresti domiciliari nella sua abitazione, a Roma. Poi, era rientrato in carcere perché aveva violato le prescrizioni.

Nel corso del processo gli avvocati difensori hanno provato in tutti i modi di affermare la sua innocenza. Il trapper ha sempre negato di essere stato l’accoltellatore. Interrogato dal gip aveva detto di non avere niente a che fare con la vicenda, di aver visto due gruppi di ragazzi che litigavano, ma di essere andato via. Il giorno dell’udienza conclusiva del processo, il 13 giugno 2023, invece, oltre a negare le accuse, aveva fatto il nome di uno dei testimoni, il quale gli avrebbe chiesto il coltello e poi gli avrebbe confidato di aver dato una coltellata sul sedere a Piu. Sulla scorta delle spontanee dichiarazioni dell’imputato si erano tenute le arringhe difensive che attribuivano, quindi, a un’altra persona la responsabilità del ferimento di Piu. Ma la strategia difensiva, secondo il gip, si è sgretolata di fronte alle dichiarazioni dei testimoni e di altre importanti prove raccolte. Per il giudice di primo grado, dunque, nessun dubbio sulla sua colpevolezza. Ora la parola passa ai giudici d’appello.

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