La Nuova Sardegna

Olbia

La famiglia sterminata

Tempio, dieci anni fa il massacro che ha sconvolto l’isola

di Tiziana Simula

	Le vittime del triplice omicidio di Tempio 
Le vittime del triplice omicidio di Tempio 

Giovanni Azzena, sua moglie Giulia Zanzani e il piccolo Pietro di 12 anni furono strangolati nella loro casa, in via Villa Bruna. Condannato all’ergastolo Angelo Frigeri che un anno fa si è suicidato in carcere

12 maggio 2024
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Tempio Il tempo sembra essersi fermato in quell’angolo di Tempio, tra via Marina e via Villa Bruna, a due passi da piazza Gallura, nel cuore del centro abitato, teatro, dieci anni fa, di un assurdo massacro. Era il 17 maggio 2014 quando un’intera famiglia – Giovanni Azzena, sua moglie Giulia Zanzani e il piccolo Pietro di 12 anni – fu sterminata nell’appartamento di via Villa Bruna al civico 2, nello stesso palazzo dove si trovava il loro negozio di scarpe che si affacciava sull’altra via. Una terribile tragedia che segnò profondamente la comunità tempiese, certamente il delitto più efferato mai commesso in Gallura.

Per il triplice omicidio era stato condannato all’ergastolo Angelo Frigeri, giovane artigiano tempiese, che bene conosceva la famiglia Azzena. Per lui, le porte del carcere si erano chiuse definitivamente nel giugno del 2017, tre anni dopo il massacro di via Villa Bruna, con la conferma della sentenza da parte della Cassazione. Per i giudici dei tre gradi di giudizio, nessun dubbio sulla sua colpevolezza.

Angelo Frigeri (40 anni), è morto suicida un anno fa nel carcere di Uta, dov’era stato trasferito qualche giorno prima dal penitenziario nuorese di Badu ’e Carros: era stato trovato senza vita nella sua cella, impiccato alla branda con i lacci delle scarpe. Era stata aperta un’inchiesta per istigazione al suicidio. Nel febbraio scorso, il Tribunale di Cagliari ha chiuso il caso archiviando l’inchiesta: per il gip non c’erano elementi che potessero far pensare a ipotesi diverse da quella del suicidio. Determinante è stato il ritrovamento di una lettera dell’uomo, di cui i familiari ne avevano riconosciuto l’autenticità.

Sono trascorsi dieci anni dal triplice omicidio di Tempio. Una ferita che difficilmente potrà rimarginarsi nella memoria della comunità locale. Il tempo è passato ma lo stato dei luoghi è praticamente rimasto immutato in quella parte del centro abitato. La palazzina di via Villa Bruna è ancora avvolta nel silenzio: lo stabile è tuttora disabitato. Nessuno lo ha comprato, nessuno ci è andato ad abitare. Il negozio di scarpe non ha più riaperto al pubblico. Il locale è rimasto nella disponibilità di alcuni familiari e viene utilizzato come deposito per la loro attività. Recentemente sono stati fatti dei lavori all’ingresso.

La cronaca di dieci anni fa, riporta alla tragica scoperta di quello sterminio. Era notte fonda quando la sorella di Giulia Zanzani trovò i tre cadaveri riversi a terra nel soggiorno della loro casa. L’autopsia rivelò che tutti e tre furono strangolati con dei fili elettrici: prima la donna, poi, il marito, infine, il piccolo Pietro, che era appena rientrato da scuola. Nelle motivazioni della sentenza di primo grado che inflisse l’ergastolo ad Angelo Frigeri, ritenuto l’unico responsabile della strage, il giudice scrive che il giovane, nei giorni precedenti al delitto, era esasperato dalla mancata soluzione di un problema riguardante la vendita di una Golf. L’auto era stata consegnata ad Azzena che, stando alle indagini, non riusciva a venderla.

La mattina del 17 maggio 2014, Angelo Frigeri, ha un violento diverbio con Giulia Zanzani, nell’abitazione della donna. Probabilmente discutono della Golf. La Zanzani viene spinta o cade durante il litigio. Batte la testa su una cassettiera. E da lì, comincia l’assurda mattanza. Frigeri lega la donna e poi la strangola con dei cavi. Quando Giovanni Azzena ritorna a casa, lo tramortisce e gli lega attorno al collo un cavo sino a strangolarlo. Intorno alle 13,30, rientra da scuola, il piccolo Pietro che entra nella casa mentre Frigeri, scrive il giudice, sta ripulendo l’appartamento dal sangue delle vittime. Anche il ragazzino viene ucciso con le stesse modalità dei genitori.

L’attenzione dei carabinieri di Tempio si concentra già poche ore dopo il massacro su Angelo Frigeri, decisivi i filmati della telecamera sistemata nel negozio di scarpe. Nel vicoletto di via Villa Bruna, all’ingresso dell’appartamento, infatti, erano entrati soltanto lui e le sue tre vittime. Inoltre, tracce del suo Dna erano state trovate sparse ovunque nell’appartamento. Sui cavetti con i quali aveva strangolato marito e moglie, dopo averli tramortiti, e sul giubbotto del piccolo Pietro.

La cronaca del processo sul triplice omicidio racconta di un delitto d’impeto, sfuggito di mano al giovane tempiese che, con freddezza si impossessò delle carte di credito della vittima, prelevò danaro contante dalla vicina sede dell’ex Banco di Napoli e, recuperata la Golf nera in uso alla coppia appena assassinata, se ne andò a mangiare una pizza al mare con una ragazza di Calangianus, ovviamente ignara di ciò che era accaduto.

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