La Nuova Sardegna

Insularità in Costituzione, occhio ai tempi

Gianni Rassu
David Sassoli
David Sassoli

Per ottenere che ci venga riconosciuto un sacrosanto diritto occorre portare il problema in sede europea

14 novembre 2019
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Intervengo nella discussione aperta dal direttore Antonio Di Rosa con l'editoriale "Se la Sardegna non è Milano", con il quale chiama la politica e la classe dirigente regionale a misurarsi con il divario fra la nostra isola e altre realtà nazionali ed europee. Uno dei limiti individuati dagli autorevoli interventi di questi giorni è quello della mancanza di un'idea condivisa dello sviluppo e nella incapacità di fare squadra anche quando si tratta di sostenere proposte e iniziative che sono nell'interesse di tutti. Non è che manchi l'intelligenza e la generosità, "l'uomo sardo non è da meno di quello milanese" osserva il direttore Di Rosa, tuttavia, aggiungo io, il sardo ancora oggi, con ogni evidenza, non riesce, e comunque è sempre in ritardo, a riconoscere il valore delle eccellenze, che non sono poche in questa bellissima terra. Arrivano prima gli altri. Ed è in questo ritardo nel riconoscere i propri valori, nella assenza di un sano pragmatismo e concretezza che risiede un motivo, non di poco conto, del ritardo dello sviluppo della nostra regione.

Oggi, finalmente, c'è un tema ampiamente condiviso dalla politica e dalla società regionale, che è quello dell'insularità, ossia l'esigenza del riconoscimento, da parte del Stato Italiano e della Unione Europea, della "condizione di svantaggio strutturale permanente" che non gli consente di competere alla pari con le altre realtà nazionali ed europee. Tema cruciale che richiede un percorso giuridico-istituzionale corretto da seguire. Dico subito che lo Stato lo ha già fatto, con la legge di bilancio 2018, all'Art.1 c. 837 riconosce che "la condizione di insularità della Sardegna ne penalizza lo sviluppo economico e sociale" e istituisce, con riferimento alla legge regionale, "un comitato paritetico Stato-Regione per definire l'istruttoria per l'attuazione della procedura in sede europea del riconoscimento della predetta condizione finalizzata alla definizione dei sistemi di aiuto già previsti per le regioni ultra periferiche di altri Stati membri dell'Unione Europea".

La Regione Sardegna anche, con Legge di bilancio 2017, Art.4 c. 5 si è impegnata a predisporre "un documento esplicativo per la definizione delle modifiche ed integrazioni al Trattato di Adesione dell'Italia all'Unione Europea da proporre allo Stato Italiano". Manca il passo successivo: il riconoscimento da parte dell'Unione Europea con la modifica del Trattato di Adesione dell'Italia alla UE; modifica che dovrà essere conseguente alla decisione del Consiglio d'Europa sulla base di una istruttoria tecnico- economica, proposta dal governo italiano.

Dunque il soggetto da chiamare in causa per ottenere le condizioni previste dal riconoscimento del "principio di insularità" è l'Unione Europea, la cui decisione interviene a seguito di una modifica dei trattati promossa dal governo italiano, indipendentemente dal fatto che detto principio sia inscritto nella Costituzione.Ma se questo è, come io credo, il percorso corretto e più immediato, attenti dunque a non sbagliare, a non scegliere un percorso giuridico e normativo inadeguato, che collocherebbe l'obiettivo su un binario morto. Il percorso che propone l'inserimento in Costituzione del "principio di insularità", che porta con se lo straordinario merito di un'ampia condivisione della società sarda, e che non deve precludere il percorso giuridico-istituzionale già avviato, è lungo e incerto e impegnerà per anni il Parlamento e il Consiglio Regionale. Il percorso giuridico corretto è tracciato, c'è una legge dello Stato. Dunque non possiamo sbagliare, questo è il momento, con questo governo, con questo Presidente del Parlamento Europeo, Sassoli, con questo Commissario UE, Gentiloni, che da Presidente del Consiglio, con legge dello Stato, riconosce alla Sardegna gli svantaggi dell'insularità. Non dobbiamo sbagliare, la rimozione degli ostacoli (mercato limitato, concorrenza imperfetta, maggiori costi: trasporti, logistica, assicurazioni, merci, etc ) che ci impediscono di concorrere alla pari con gli altri è la madre di tutte le battaglie.

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