La Nuova Sardegna

Carne finta per sfamare il mondo

Roberto Furesi e Pietro Pulina *
Un piatto di carne artificiale
Un piatto di carne artificiale

24 novembre 2019
3 MINUTI DI LETTURA





Possiamo sfamare il mondo con la carne artificiale? Il consumo di carne rappresenta un buon indicatore dello sviluppo economico di una nazione. Come sappiamo, la bistecca è stata l’icona del raggiunto benessere degli italiani negli anni del miracolo economico. Negli ultimi vent’anni, i consumi annui di carne sono aumentati in Cina da 36 a 49 Kg pro-capite, nei maggiori paesi del sudest asiatico hanno raggiunto livelli simili a quelli delle nazioni occidentali, in Brasile si è passati da 57 ad 80 Kg e anche in alcune aree dell’Africa si registrano aumenti considerevoli. Vi è poi la questione demografica.

La FAO stima che i 10 miliardi di persone che abiteranno il pianeta nel 2050 avranno bisogno di 455 milioni di tonnellate di carne, oltre il 40% in più di quanto si produce attualmente. Benché lo sviluppo dell’umanità appaia indissolubilmente legato alla disponibilità di carne, questo alimento e i suoi metodi di produzione sono sempre più spesso additati come cause di impatti negativi. La narrazione che al proposito condiziona l’opinione pubblica si avvale di argomentazioni apparentemente convincenti. La carne è accusata di nuocere alla salute, dal momento che il suo utilizzo sarebbe correlato a varie patologie, tra cui alcune di tipo tumorale.

Ai sistemi di allevamento, specie quelli intensivi, è imputato di generare forti impatti sull’ambiente per via dell’ingente e poco efficiente consumo di risorse materiali ed energetiche e della quantità di emissioni prodotte. Vi è infine la questione etica, che si pone sia come opposizione alle modalità generali di allevamento, trasporto e macellazione degli animali, sia come adozione di stili alimentari da cui sono banditi carne e altri cibi di origine animale. Per quanto efficaci, le suggestioni appena elencate sono in realtà da ritenersi quanto meno controverse, non solo sul piano dell’evidenza scientifica, ma anche e soprattutto su quello morale e antropologico. È

un fatto che l’uomo si è sempre cibato di carne, e non si capisce perché dovrebbe cessare proprio ora. La carne, si diceva all’inizio, ha valore sociale, simbolico, e anche etico. E non è un caso che le recentissime tendenze rilevino un ritorno alla carne “vera” rispetto a fonti proteiche sostitutive, come tofu, seitan e crocchette vegetali. Occorre d’altra parte rilevare che Beyond Meat, produttore di hamburger vegetali, è una realtà commerciale negli Usa e in Europa, Italia compresa. E che lo scorso dicembre Aleph Farms ha proposto la prima degustazione di carne artificiale, prodotta da colture in laboratorio di cellule staminali bovine. Sono passati solo sei anni dal primo hamburger artificiale, prodotto a Maastricht al costo di 250mila euro per chilo. Oggi l’impresa israeliana Aleph Farms, dopo aver sperimentato la produzione di carne artificiale anche su una stazione spaziale, produce prototipi a costi decisamente inferiori: per un francobollo di carne “finta” grande quanto una carta di credito occorrono oggi 50 euro, con prospettive di collocazione in commercio di kit “fai da te” entro i prossimi due anni.

Alcune stime prospettano scenari secondo i quali nel 2040 la carne che mangeremo sarà solo per il 40% convenzionale, per il 35% artificiale e per il 25% di sostituti vegetali. Fantascienza? No, se pensiamo che la catena di polli fritti KFC già propone ricette vegane, e che dietro queste start-up ci sono importanti investitori come Sergej Brin (fondatore di Google), Biz Stone (cofondatore di Twitter), “Mr. Virgin” Richard Branson e Bill Gates. Ma è soprattutto la Cargill, la principale produttrice mondiale di alimenti zootecnici, a credere e investire in questa svolta. Nessun afflato morale o altruista, dunque: solo affari, per chi oggi vede nella vacca una macchina obsoleta che produce proteine in maniera inefficiente. Meglio cavalcare l’onda del progresso, preparare il mercato con una narrazione efficace e non dividere più i profitti con allevatori e macellai. Ai quali resterà un terreno competitivo ristretto a quel 40% del mercato della carne del futuro. E sarà un terreno durissimo.

*Università di Sassari

In Primo Piano
Meteo

L’isola si risveglia in pieno inverno: Bruncuspina a -3° e tetti imbiancati a Fonni

di Salvatore Santoni
Le nostre iniziative