La Nuova Sardegna

Undici morti in Cardiologia a Sassari, la verità senza se e senza ma

di Daniela Scano
Undici morti in Cardiologia a Sassari, la verità senza se e senza ma

Nessuna grancassa mediatica intorno all’inchiesta portata avanti dal mese di agosto - IL COMMENTO

17 ottobre 2020
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L’avviso di conclusione delle indagini preliminari della inchiesta sulle eventuali colpe mediche nella più grande tragedia sanitaria abbattutasi su Sassari come sul resto del mondo, dopo il colera e la “spagnola”, è una buona notizia.

Di certo non è una buona notizia per le sei persone sottoposte a indagini per reati gravissimi, ma che l’avviso notificato a tutti in queste ore mette da adesso nelle condizioni di difendersi ampiamente e compiutamente con tutte le armi fornite dal nostro ordinamento.

La conclusione di questa tranche della inchiesta è una buona notizia per i familiari delle undici persone cardiopatiche, contagiate in ospedale e uccise dal covid tra il 15 marzo e il 12 aprile. Si chiamavano Antonio, Franco, Gavino, Ignazio, Carmelo, Antonio, Maria, Francesco, Enrico, Renzo, Angelo Giovanni. Sono morti soli, in un letto di ospedale, senza la consolazione di una carezza o di un bacio di una persona cara. Quella solitudine degli ultimi istanti, i parenti la portano dentro come un senso di colpa irreparabile. Oggi però sanno di non essere stati lasciati soli nel loro bisogno di verità e di chiarezza. Una esigenza che non è la ricerca di un colpevole a tutti i costi, ma la rivendicazione del diritto ad avere risposte che la procura della repubblica sta cercando da sette mesi. Una attenzione che non colma le assenze e tuttavia rassicura chi è rimasto: la giustizia sta facendo il suo corso.

Senza entrare nel merito delle ipotesi di reato, tenendosi a debita distanza dagli schieramenti contrapposti di colpevolisti e di innocentisti, la chiusura di queste indagini preliminari è una ottima notizia anche per tutta la società civile. Una indagine così clamorosa e inedita è stata infatti portata avanti sotto traccia, con discrezione, nel rispetto di tutti i protagonisti. Non c’è stata nessuna grancassa mediatica, non è trapelata nessuna indiscrezione. I magistrati sassaresi e i carabinieri del Nas si sono sottratti alle luci dei riflettori e hanno lavorato, durante il lockdown e in pieno agosto, per portare alla prima meta una inchiesta difficilissima. Solo a lavoro concluso sapremo se una serie di clamorosi errori ha favorito l’ingresso in un reparto ospedaliero di un nemico invisibile che ha provocato undici morti in Cardiologia come di altre centinaia di migliaia nel mondo.

Di fronte alla tragedia di esistenze spezzate, bisogna sempre cercare le eventuali negligenze, imprudenze e imperizie eventualmente commesse da chi aveva il dovere e la responsabilità di tentare di salvare quelle vite. Come i familiari delle vittime, che sono figli e figlie di questa isola, tutti i sardi aspettano risposte e chiarezza. Bisogna cercare la verità senza se e senza ma, con competenza, lucidità e serenità di giudizio. C’è un forte bisogno del rigore pacato che circonda l’inchiesta così difficile arrivata oggi alla svolta della chiusura delle indagini preliminari. Ed è questo lo spirito che ha caratterizzato il lavoro dei giornalisti della Nuova Sardegna da quando questa tragedia si è abbattuta anche sulla nostra isola.

Se e quando si arriverà a un processo, l’imputato sarà il sistema sanitario ma il convitato di pietra sarà il Covid.

Nell’attesa che sia fatta luce sul passato e sulle ipotetiche colpe, guardiamo al futuro cercando di non ripetere gli errori. Le statistiche dimostrano che nei mesi estivi c’è stato un crollo nell’acquisto delle mascherine, a cui è seguito un picco di contagi con cui stiamo facendo i conti. È un grafico impressionante che dimostra che dopo i morti, dopo il lockdown, in troppi hanno ceduto alla tentazione di sentirsi liberi dal virus e di comportarsi di conseguenza. E il covid ha ricominciato a correre dentro le famiglie, colpendo i più fragili, entrando nelle case dei paesi fino a maggio a zero casi. Non ci sarà mai un processo in tribunale agli irresponsabili che, pur conoscendo i rischi e le conseguenze, hanno scatenato il virus. Basterebbe un buon esame di coscienza e ricominciare a rispettare le regole. Questa sarebbe un’altra buona notizia.

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