Torres in C, l’orgoglio ritrovato di una comunità
Ma dopo la festa occorre lavorare parecchio: le occasioni vanno sfruttate
«Oh mamma, mamma, mamma sai perché mi batte il Corazon? Ho visto Mario Piga, ho visto Mario Piga e innamorato son». Cos’era Alessandria quel giorno. Un pezzo del Corso al tramonto il giorno della Faradda, uno spicchio di Platamona nelle domeniche più calde, un piazzale Segni che festeggia lo scudetto del basket. Era folla eccitata e in festa.
Alessandria, 35 anni fa, il 7 giugno del 1987, era un luogo dell’anima, era Sassari in amore, era la Torres in serie C. “La felicità ha gli occhi di Mario Piga…”. Cominciava così il pezzo per la Nuova, ma che fatica trovare le parole per raccontare quella emozione. Ma gli occhi lucidi e felici di Mario Piga, autore del gol decisivo, che sanciva il ritorno dei rossoblù in serie C, erano gli stessi occhi degli oltre mille sassaresi che avevano invaso la città piemontese. Una spedizione allegra e lungimirante, quei mille avevano uno spirito garibaldino, avevano capito che quello dello stadio Moccagatta era un appuntamento con la storia, sicuramente sportiva ma non solo.
Ci sono dei trionfi che non riguardano solo gli addetti ai lavori, ma coinvolgono la comunità nell’insieme. Conta il contesto, quegli anni Ottanta tormentati, la voglia di ritagliarsi spazi privati, momenti di gioia, distrazioni. E quella Torres aveva un rapporto speciale con la città. Merito di un presidente appassionato, naif e generoso come Bruno Rubattu, che riuscì a mettere assieme tutti i tasselli vincenti.
Merito dell’allenatore Bebo Leonardi, uomo di poche parole ma capace di creare un gruppo solido e abile a legare l’esperienza rassicurante di Del Favero e Petrella col talento esplosivo di Zola, l’entusiasmo di Tolu e Tamponi con la concretezza di Pinna ed Ennas. Merito di un pubblico che aveva intuito che l’annata era speciale e non ha mai fatto mancare il suo calore.
Quel pubblico e quella memoria di Alessandria ieri si sono dati appuntamento all’Acquedotto per festeggiare un ripescaggio desiderato, atteso, sognato e in qualche modo meritato. Sassari è in credito con la fortuna quando si parla di calcio, gli ultimi anni sono stati difficili, tormentati, deludenti, ma da un po’ di tempo si respira aria nuova dalle parti del Vanni Sanna.
Il nuovo gruppo dirigente ha impresso una svolta decisa, ha ambizioni, fantasia e conoscenza dei percorsi. Hanno riacceso passioni con scelte intelligenti e affidabili (bello puntare su Stefano Udassi), ridando alla Torres un valore che era sbiadito, coinvolgendo i tifosi, aprendo altri mondi. Ritrovare la serie C può dare una ulteriore spinta ai progetti rossoblù, può rafforzare il legame con la città e dare continuità ai desideri.
Sassari in serie C è una storia lunga e importante. Nel cestino della memoria non c’è solo Alessandria e il suo mito. La Torres in C sono i ragazzi sugli alberi attorno allo stadio stracolmo a vedere le sfide con il Pisa, la baruffa con la Sambenedettese. Costanzo Dettori che fa parte di quei ragazzi e qualche anno dopo diventa capitano della Torres. La serie C è l’infinito Vanni Sanna prima giocatore straordinario e poi allenatore illuminato. Sono le serpentine di Marzio Lepri e lo stacco di testa di Enzo Gavini, il gol di Zola all’Entella e quello di Folli alla Lucchese. Serie C è una folla immensa che nel 2000 applaude i gol di Udassi, Amoruso e Nicoletto nella sfida vinta 3 a 0 contro il Catania o i diecimila spettatori che vanno in brodo di giuggiole per la doppietta di Evacuo contro il Napoli. Si può andare avanti per ore citando Cuccureddu e Niccolai senza dimenticare le trasferte a Monastir e Tonara, perché nella vita ci sta di tutto.
Adesso però è il momento dell’orgoglio ritrovato, del petto in fuori. Dopo la festa c’è da lavorare parecchio, perché le occasioni bisogna sfruttarle e Sassari ha voglia di recuperare il tempo perduto. Magari ci sono delle altre Alessandria all’orizzonte e Zola potrebbe fare da padrino al battesimo della nuova avventura.