Capu d’Aspu, otto a processo Tra di loro l’ex sindaco Casula
Bosa, il Gup di Oristano ha deciso il rinvio a giudizio per i lavori incompleti alla foce del Temo Il Comune parte civile chiede 15 milioni di euro di risarcimenti: «Sviluppo della città compromesso»
BOSA. Tutti rinviati a giudizio, tutti, ex sindaco Pierfranco Casula compreso, a processo (il 17 dicembre in tribunale) per il mancato completamento dell'opera che doveva risolvere i problemi delle quote batimetriche del fondale alla foce del Temo. Gli imputati sono otto: con Casula che, assieme alla dipendente comunale Rita Motzo è accusato di aver pagato, con soldi pubblici, ferie illecitamente non godute dal geometra Luciano Baldino che era il responsabile del procedimento dell'opera pubblica. Luciano Baldino aveva l’incarico di controllo sullo svolgimento dell'appalto; a processo ci andranno anche il responsabile dell'impresa che svolse inadeguatamente i lavori e il direttore degli stessi, Salvatore Bisanti, 66 anni di Napoli, e Paolo Gaviano, 62 anni di Cagliari. Gli altri imputati sono i tecnici della commissione di collaudo che doveva accertare la regolarità dell'opera, gli ingegneri Antonio Manca, 61 anni di Sedilo, e i suoi colleghi oristanesi Antonello Garau e Piero Dau, accusati di aver certificato falsamente che la profondità del mare era passata, così come richiedevano i lavori, da un metro e poco più a quattro metri.
Le accuse: peculato, truffa aggravata, turbativa d’asta, falso. Il collegio difensivo, composto dagli avvocati Gianfranco Siuni, Franco Luigi Satta, Guido Manca Bitti, Roberto Dau, Speranza Benenati, Walter Pani e Franco Pani, chiedeva il proscioglimento. Non così il pubblico ministero Paolo De Falco, e il Gup Annie Cecile Pinello gli ha dato ragione.
L’opera non è conclusa, ci vorranno anni perché la comunità si riprenda dalle conseguenze. Gravissime, e già con una prima quantificazione: il Comune di Bosa, che si è costituito parte civile affidando la tutela dei suoi interessi all’avvocato Vittorio Delogu, ha chiesto un risarcimento di 15 milioni di euro. Nel conto, secondo la parte offesa, vanno inseriti i tempi che occorreranno per un nuovo appalto che completerà quelli che sono rimasti a metà strada, le penali non richieste dal responsabile del procedimento – un milione e mezzo per due anni di seguito – e il danno d'immagine che Bosa ha subito in questi anni. Il mancato completamento dell'opera che doveva risolvere i problemi delle quote batimetriche del fondale alla foce del Temo si traduce in una serie di questioni che toccano in maniera sensibile la pianificazione territoriale e il futuro urbanistico della cittadina. La grande opera pubblica, la più importante nella cittadina negli ultimi dieci anni, doveva servire a far cadere quei vincoli che invece rimarranno per anni e allo stesso tempo, ferma restando la condizione attuale del fondale marino, anche il turismo navale e da diporto continuerà a rimanere bloccato. Un porto declassato, uno sviluppo ingessato. E un’opera non conclusa. Il 17dicembre in tribunale, per iniziare a mettere i primi punti fermi, almeno sotto il profilo giudiziario.
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