Anziane zie maltrattate, il nipote finisce a processo
di Enrico Carta
Oltre alle violenze fisiche si sarebbe impossessato di oltre 88mila euro Secondo l’accusa le aveva lasciate vivere in condizioni di degrado e sporcizia
24 dicembre 2019
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ORISTANO. Voleva i loro soldi. Sarebbe stato questo il motivo per cui, qualche anno fa, il nipote si offrì di accudire le zie. Passato il tempo, il 56enne Pier Paolo Urru si ritrova però di fronte al giudice accusato di maltrattamenti e di appropriazione indebita perché stava prosciugando i loro libretti di risparmio. Il rinvio a giudizio è stato deciso pochi giorni fa dal giudice per le udienze preliminari Silvia Palmas su richiesta del pubblico ministero Sara Ghiani che lo accusa di aver fatto vivere le zie in condizioni al limite della sopravvivenza.
Tutto sarebbe iniziato nel 2016 e sarebbe andato avanti per due anni, quando, sostenute nella loro decisione da una nipote, le due anziane decisero che era arrivato il momento della denuncia. È lì che si scopre che per tutto quel tempo le zie – una è deceduta nel 2018, l’altra ha 97 anni e sarà parte civile al processo assistita dall’avvocatessa Antonietta Sogos – avrebbero vissuto in condizioni di degrado e sporcizia nella loro casa. Le frasi volgari sarebbero state all’ordine del giorno e sarebbero state accompagnate da schiaffi, spintoni e altre violenze fisiche che costrinsero la più anziana delle due ad abbandonare la casa in cui aveva sempre vissuto.
Cercava il modo di salvarsi e forse proprio quella fuga dalle mura in cui aveva conosciuto tempi migliori di quelli dei maltrattamenti fu l’occasione giusta per trovare il coraggio di denunciare quanto stava accadendo loro. Persino il cibo aveva iniziato a scarseggiare e il motivo, stando alle accuse mosse dal pubblico ministero, sarebbe stato sempre e solo quello di avere quanto più denaro possibile. È per questo che il nipote, ora imputato nel processo dov’è accusato anche di appropriazione indebita e dove sarà difeso dall’avvocatessa Alessandra Borrodde, si era fatto rilasciare la delega per poter effettuare i movimenti sui libretti risparmio e il conto corrente entrambi intestati alle due sorelle. In due anni i prelievi si moltiplicarono arrivando alla somma di 88mila e 265 euro. Soldi che, secondo il pubblico ministero, sono finiti nelle tasche del nipote, ma ovviamente tutto sarà più chiaro quando il processo avrà inizio perché anche la difesa potrà iniziare a chiarire o eventualmente smontare alcune delle contestazioni, per le quali bisogna tenere conto anche delle aggravanti perché si tratta di un reato che sarebbe stato commesso ai danni di persone incapaci di difendersi per via dell’età; perché il danno patrimoniale viene considerato notevole e perché il nipote abitava proprio nella stessa casa delle zie.
Tutto sarebbe iniziato nel 2016 e sarebbe andato avanti per due anni, quando, sostenute nella loro decisione da una nipote, le due anziane decisero che era arrivato il momento della denuncia. È lì che si scopre che per tutto quel tempo le zie – una è deceduta nel 2018, l’altra ha 97 anni e sarà parte civile al processo assistita dall’avvocatessa Antonietta Sogos – avrebbero vissuto in condizioni di degrado e sporcizia nella loro casa. Le frasi volgari sarebbero state all’ordine del giorno e sarebbero state accompagnate da schiaffi, spintoni e altre violenze fisiche che costrinsero la più anziana delle due ad abbandonare la casa in cui aveva sempre vissuto.
Cercava il modo di salvarsi e forse proprio quella fuga dalle mura in cui aveva conosciuto tempi migliori di quelli dei maltrattamenti fu l’occasione giusta per trovare il coraggio di denunciare quanto stava accadendo loro. Persino il cibo aveva iniziato a scarseggiare e il motivo, stando alle accuse mosse dal pubblico ministero, sarebbe stato sempre e solo quello di avere quanto più denaro possibile. È per questo che il nipote, ora imputato nel processo dov’è accusato anche di appropriazione indebita e dove sarà difeso dall’avvocatessa Alessandra Borrodde, si era fatto rilasciare la delega per poter effettuare i movimenti sui libretti risparmio e il conto corrente entrambi intestati alle due sorelle. In due anni i prelievi si moltiplicarono arrivando alla somma di 88mila e 265 euro. Soldi che, secondo il pubblico ministero, sono finiti nelle tasche del nipote, ma ovviamente tutto sarà più chiaro quando il processo avrà inizio perché anche la difesa potrà iniziare a chiarire o eventualmente smontare alcune delle contestazioni, per le quali bisogna tenere conto anche delle aggravanti perché si tratta di un reato che sarebbe stato commesso ai danni di persone incapaci di difendersi per via dell’età; perché il danno patrimoniale viene considerato notevole e perché il nipote abitava proprio nella stessa casa delle zie.