La Nuova Sardegna

Oristano

Delitto del lago, pene confermate

di Enrico Carta
Delitto del lago, pene confermate

Giada Campus e Cosmin Nita sconteranno 16 anni per l’omicidio di Manuel. La madre: «Un sollievo»

13 marzo 2020
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GHILARZA. Tutto come prima. Gli anni restano sedici, la vita di Manuel Careddu non torna indietro, ma la giustizia va avanti. La corte d’appello di Cagliari compie un altro passo verso la verità processuale e dice che Giada Campus e Cosmin Nita, i due minorenni oggi maggiorenni coinvolti nel delitto del lago, sono colpevoli. La sentenza di primo grado non viene scalfita e, in attesa delle motivazioni che arriveranno tra sessanta giorni, ribadisce che i due ragazzi parteciparono alla pianificazione e all’esecuzione del delitto. Conferma poi che la pena decisa in primo grado è corretta nella sua entità. Del resto in appello, nel giudizio contro imputati minorenni, non sono previsti inasprimenti, per cui non sarebbe potuta essere superiore ai sedici anni. Poteva semmai essere più bassa e questo hanno temuto i familiari del diciottenne di Macomer ucciso a colpi di piccozza e pala sulle sponde del lago Omodeo, in un terreno nelle campagne del Comune di Soddì, l’11 settembre 2018 per un debito di droga.

Giada Campus e Cosmin Nita, lei originaria di Macomer e residente da qualche anno ad Abbasanta e lui di Ghilarza avevano 17 anni il giorno dell’omicidio. Incastrati dalle intercettazioni, restano colpevoli, ma non da soli. I ventunenni ghilarzesi Christian Fodde, Riccardo Carta e Matteo Satta, sono stati condannati in primo grado all’ergastolo, a 30 anni e a sedici anni e otto mesi e ora attendono il secondo responso. Da lontano, fermata a sua volta dall’emergenza sanitaria, anche Fabiola Balardi, la madre di Manuel, ha atteso la sentenza di ieri mentre l’agitazione maturata nei giorni scorsi e durante tutta la notte cresceva, sino a dissolversi nel momento in cui è arrivata, via telefono, la conferma che tutto sarebbe rimasto come prima.

L’udienza, che seguiva quella di due settimane fa, è stata rapida. La procuratrice generale Liliana Ledda, che aveva chiesto la conferma della condanna, ha rinunciato alle repliche. A quel punto anche gli avvocati Gianfranco Siuni e Giancarlo Frongia, rispettivamente difensori di Cosmin Nita e Giada Campus, hanno dovuto rinunciare alle contro repliche e fermandosi alle arringhe con cui avevano chiesto una riforma della sentenza. Sostenevano, pur tra vari distinguo, che entrambi i ragazzi fossero in balia di Christian Fodde, l’esecutore materiale indicato come vero architetto dell’omicidio. Chiedevano che l’aggravante della premeditazione venisse cancellata, ma così non è stato.

In meno di un’ora i giudici della corte d’appello, presieduta da Giovanna Osana, sono usciti dalla camera di consiglio con il verdetto in mano. Pochi attimi più tardi la notizia era già arrivata a Macomer alla madre, al padre Corrado e agli altri parenti. Fabiola Balardi ha sciolto la tensione in una dichiarazione comunque piena di sollievo: «Ho avuto paura che la pena potesse essere inferiore. È la verità. Penso sia già poco quel che devono scontare, sarebbe stato insopportabile per me sapere che la vita di mio figlio sarebbe valsa pochissimi anni di carcere. Non avevo buone sensazioni, nonostante sia tutto chiarissimo. Da tempo cercano di far ricadere le colpe su Fodde, ma io, che ho vissuto questa tragedia dall’interno, so che se lui ha fatto ciò, è perché Giada ha avuto un ruolo fondamentale in tutta questa storia. Ha scatenato in lui quel demone che poi l’ha portato a uccidere Manuel. Senza di lei, non l’avrebbe mai fatto».

Verità? Lo diranno le motivazioni della sentenza. Restano le parole di una madre che ha davanti agli occhi il figlio assassinato a diciotto anni.

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