La Nuova Sardegna

Oristano

Processi in teleconferenza, gli avvocati si oppongono

di Michela Cuccu
Processi in teleconferenza, gli avvocati si oppongono

La Camera penale contraria al protocollo d’intesa per le udienze a distanza Una clausola non concordata sul ritiro degli atti e scatta la contestazione

03 aprile 2020
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ORISTANO. «Il protocollo d’intesa rischia di limitare il diritto al giusto processo». Appena approvato, incontra le prime ostilità, l’accordo siglato fra Ordine provinciale forense, procura e tribunale che consente in emergenza, di tenere comunque i processi penali, non nelle aule ma in teleconferenza. Eppure è proprio una parte importante degli avvocati penalisti a criticare e dissociarsi dalla decisione. La Camera penale di Oristano, l’associazione professionale, che dopo aver collaborato alla stesura del documento, ora lo disconosce.

La bocciatura, almeno per gli addetti ai lavori, non arriva come il classico fulmine a ciel sereno: già durante la fase di stesura della bozza, la Camera penale aveva sollevato alcune critiche e fatto delle proposte, quasi tutte accolte. «Al momento della firma il documento concordato conteneva un’integrazione, non prevista e non preannunciata. Avevamo concordato che, nel caso delle misure cautelari, la Cancelleria inviasse gli atti ai difensori per via telematica. Ora invece l’intesa stabilisce che, qualora questo sia impossibile per via della riduzione del personale a causa dell’emergenza, dovremo recarci materialmente a chiederli e ritirarli negli uffici. Non ha senso: si tratta di processi recenti, dunque, sicuramente già digitalizzati», spiega la presidentessa della Camera penale, Rosaria Manconi.

La protesta non nasce però dalla pigrizia dei difensori, piuttosto dalla necessità, di rispettare le misure per il contenimento dei contagi da coronavirus. Insomma, per i penalisti, il protocollo d’intesa sarebbe in contrasto con i motivi che ne avevano reso necessaria l’adozione. Quella dei contagi, però, è solo una delle obiezioni sollevate dalla Camera penale che ora teme venga messo in forse il diritto al giusto processo. «C’è il rischio che vengano meno le garanzie tipiche del processo penale – prosegue Rosaria Manconi – soprattutto per il diritto alla difesa. Mi chiedo quali garanzie avremo di riservatezza e tranquillità se i colloqui fra avvocato e imputato avverranno a distanza. Non ci vuol molto a immaginare che l’imputato possa sentirsi condizionato se si troverà a parlare al suo avvocato, dal telefono del carcere. C’è poi un aspetto specifico che non convince: mentre in altri protocolli la scelta della modalità del processo è affidata al difensore, qui è decisa dal giudice». È forte il timore che, passata l’emergenza, il processo penale telematico possa diventare prassi: «Se verrà approvato l’emendamento governativo, vedremo prendere forma un obbrobrio: il processo senza aula, i giudici ciascuno nelle proprie abitazioni, il pubblico ministero nel suo ufficio o nel suo domicilio, il difensore nel suo studio, l’imputato con lui e se detenuto dal carcere. È impressionante l’elenco dei principi costituzionali che tale norma violerebbe».

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