Medici nuovi, dilemma polizze
di Enrico Carta
Assunti col bando regionale non possono andare al pronto soccorso perché non hanno assicurazione
26 novembre 2020
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ORISTANO. Tutto risolto? Sì, forse, non ancora. Il pronto soccorso del San Martino difficilmente riaprirà entro le 48 ore preventivate dalla direzione dell’Assl. Il conto alla rovescia scadrebbe oggi, ma dopo aver aspettato quaranta giorni, uno in più o uno in meno cambiano di poco le cose. Il problema è che, con tutta probabilità, a differenza di quanto annunciato dalla direttrice dell’Azienza sanitaria Valentina Marras di fronte alla Commissione straordinaria sulla sanità del Comune di Oristano, anche domani nulla di nuovo accadrà. All’interno del reparto continuano a esserci tanti pazienti covid, alcuni non trasportabili per le condizioni di salute in cui versano. Ciò significa che rimarranno dove sono.
Nuovi ingressi covid. Il problema più serio è però che al pronto soccorso continuano ad arrivare pazienti positivi, fatto che impedisce che il reparto si trasformi finalmente in luogo “pulito” e quindi utilizzabile per l’attività a cui è preposto delle emergenze e delle urgenze. La scorsa notte altri due pazienti sono stati accolti dai medici di turno e lì ricoverati, per cui la catena degli ingressi non si è interrotta. C’è però un altro problema che riguarda sempre il pronto soccorso ed è la carenza cronica di organico che in queste ultime settimane è stata acuita dall’emergenza. L’Ats aveva promesso una soluzione definitiva, poi aveva pronta solo una toppa con l’inserimento di tre nuovi medici a dare manforte a chi sta tirando la carretta da mesi con turni insostenibili e in una situazione che di ordinario ha assai poco.
I rinforzi? Ebbene, era stato annunciato che sarebbero arrivati tre neo laureati specializzandi, che nel frattempo sono diventati due perché uno dei medici che aveva risposto al bando della Regione per la “carica dei 770” ha già rinunciato. Aveva fatto richiesta per il San Martino, ma non per il pronto soccorso. La sottrazione è semplicissima e si è scesi a due nel giro di pochi giorni dall’annuncio con un altro degli aspiranti che, negli ultimi giorni, ha avanzato qualche remora.
Manca l’assicurazione. L’ulteriore passo indietro è legato alla copertura assicurativa. L’Assl non può garantirla agli esterni e i medici reclutati con questo bando regionale lo sono tutti. Dovrebbero pensarci da soli, ma non è semplice perché anche le compagnie assicurative non hanno intenzione di esporsi considerando l’esperienza e la non ancora raggiunta specializzazione dei medici esterni che avevano risposto al bando. È una matassa difficile da sbrogliare, motivo per cui i rinforzi non saranno istantanei, eccezion fatta per uno di loro, il quale però potrà lavorare solo in affiancamento con uno dei dottori già in reparto e mai di notte. Non andrà insomma a incidere sulla riduzione del carico di lavoro.
Verso Cagliari. L’unica via d’uscita rimane quella di aprire le porte di un altro ospedale per i pazienti covid in modo da liberare il pronto soccorso. L’ipotesi è quella del Marino di Cagliari, solo che si pongono dei problemi di trasporto. Ci vorrà qualche giorno quindi per sgombrare il reparto dai contagiati e renderlo nuovamente accessibile ad altri pazienti. Come ricorda la Cimo, il sindacato dei medici ospedalieri rappresentato da Giampiero Sulis, «bisogna però evitare che nuovi malati di covid facciano ingresso al pronto soccorso da qui in avanti». È questo il vero nodo da risolvere, ma per il sindacato la soluzione appare chiara: «Gli ospedali misti non vanno bene perché facilitano la diffusione del virus e in più creano problemi come quelli a cui assistiamo da quaranta giorni al pronto soccorso del San Martino». Salvo poi veder finire il macchinario per processare i tamponi all’ospedale di San Gavino che non è tra quelli scelti per ospitare pazienti covid. Scelte.
Nuovi ingressi covid. Il problema più serio è però che al pronto soccorso continuano ad arrivare pazienti positivi, fatto che impedisce che il reparto si trasformi finalmente in luogo “pulito” e quindi utilizzabile per l’attività a cui è preposto delle emergenze e delle urgenze. La scorsa notte altri due pazienti sono stati accolti dai medici di turno e lì ricoverati, per cui la catena degli ingressi non si è interrotta. C’è però un altro problema che riguarda sempre il pronto soccorso ed è la carenza cronica di organico che in queste ultime settimane è stata acuita dall’emergenza. L’Ats aveva promesso una soluzione definitiva, poi aveva pronta solo una toppa con l’inserimento di tre nuovi medici a dare manforte a chi sta tirando la carretta da mesi con turni insostenibili e in una situazione che di ordinario ha assai poco.
I rinforzi? Ebbene, era stato annunciato che sarebbero arrivati tre neo laureati specializzandi, che nel frattempo sono diventati due perché uno dei medici che aveva risposto al bando della Regione per la “carica dei 770” ha già rinunciato. Aveva fatto richiesta per il San Martino, ma non per il pronto soccorso. La sottrazione è semplicissima e si è scesi a due nel giro di pochi giorni dall’annuncio con un altro degli aspiranti che, negli ultimi giorni, ha avanzato qualche remora.
Manca l’assicurazione. L’ulteriore passo indietro è legato alla copertura assicurativa. L’Assl non può garantirla agli esterni e i medici reclutati con questo bando regionale lo sono tutti. Dovrebbero pensarci da soli, ma non è semplice perché anche le compagnie assicurative non hanno intenzione di esporsi considerando l’esperienza e la non ancora raggiunta specializzazione dei medici esterni che avevano risposto al bando. È una matassa difficile da sbrogliare, motivo per cui i rinforzi non saranno istantanei, eccezion fatta per uno di loro, il quale però potrà lavorare solo in affiancamento con uno dei dottori già in reparto e mai di notte. Non andrà insomma a incidere sulla riduzione del carico di lavoro.
Verso Cagliari. L’unica via d’uscita rimane quella di aprire le porte di un altro ospedale per i pazienti covid in modo da liberare il pronto soccorso. L’ipotesi è quella del Marino di Cagliari, solo che si pongono dei problemi di trasporto. Ci vorrà qualche giorno quindi per sgombrare il reparto dai contagiati e renderlo nuovamente accessibile ad altri pazienti. Come ricorda la Cimo, il sindacato dei medici ospedalieri rappresentato da Giampiero Sulis, «bisogna però evitare che nuovi malati di covid facciano ingresso al pronto soccorso da qui in avanti». È questo il vero nodo da risolvere, ma per il sindacato la soluzione appare chiara: «Gli ospedali misti non vanno bene perché facilitano la diffusione del virus e in più creano problemi come quelli a cui assistiamo da quaranta giorni al pronto soccorso del San Martino». Salvo poi veder finire il macchinario per processare i tamponi all’ospedale di San Gavino che non è tra quelli scelti per ospitare pazienti covid. Scelte.