La Nuova Sardegna

Oristano

L'olivastro millenario di Cuglieri: non tutto è perduto

Ignazio Camarda
L'olivastro millenario di Cuglieri: non tutto è perduto

Forse è ancora possibile salvare lo straordinario alberto di Tanca Manna

28 luglio 2021
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L'oleastro di Tanca Manna, uno dei più belli e ricco di secoli, non esiste più. Simbolo della comunità di Cuglieri, ma anche di tutta la Sardegna. Di esso restano misere spoglie che giacciono a terra e pochi monconi anneriti, nonché un tratto della base, salvato in estremis dal provvidenziale intervento dei vigili del fuoco, che forse ha conservato un barlume di vita da cui potrebbe originare un nuovo pollone. Un incendio immane ha avuto ragione della sua possanza, ma gli sono stati fatali probabilmente i suoi rami che scendevano a contatto con la terra e con le piante erbacee inaridite dalla lunga siccità. Ma non solo il grande patriarca è irrimediabilmente distrutto, accanto ad esso migliaia di olivi degli oliveti storici delle colline che danno sul fronte mare, sono stati inceneriti o fortemente danneggiati. Un danno economico, ambientale e paesaggistico non facilmente colmabile. La straordinaria vitalità e resilienza degli olivi potrà consentire in molti casi la loro sopravvivenza, al prezzo di interventi accurati, immediati e costosi, di potatura e rimodellazione per formare una nuova chioma.

Accanto agli oliveti sono andati in cenere i pascoli, le macchie di erica, di fillirea e di corbezzolo, premonitrici di formazioni boschive più mature; sono scomparsi ginepreti costieri, boschi di leccio, di querce, di sughere, formazioni riparie di alloro e di ontani, che facevano del Montiferru una delle regioni più ricche di boschi dell'Isola. Le pinete dei rimboschimenti di Badde Urbana offrono uno spettacolo di spettrale desolazione. A mosaico si sono salvate alcune aree, con le sughere con i fusti nerofumo, ma protette dalla corazza del sughero, e le querce con le foglie avvizzite ancora attaccate ai rami. Il tutto richiama il grande incendio del 1994, ancora nei ricordi delle persone più avanti negli anni.Gli effetti del disastro non sono terminati, con le piogge, che non saranno come vorremmo lievi e nel momento giusto, potranno essere, secondo quanto vediamo sempre più spesso, rovinose e violente e il terreno e l'humus ridotti in cenere verranno in gran parte dilavati e ulteriormente degradati.

La ripresa della vegetazione, purtuttavia, sarà sensibile nelle macchie, molto lenta nelle formazioni boschive, irrimediabilmente perse nei rimboschimenti di conifere e occorreranno decine di anni per avere un nuovo equilibrio accettabile per gli ecosistemi forestali.La superficie di diecimila, forse 20mila ettari, significa che si tratta di centinaia di migliaia di piante legnose che sono andate perse in tre giorni. Valutare quanta anidride carbonica era immagazzinata in queste piante non è facile, ma di certo si tratta di una quantità enorme, che contribuisce a quello che oggi va ad accrescere gli effetti del fenomeno che va sotto il nome di cambiamento climatico. Le alte temperature e il vento caldo di scirocco favoriscono gli effetti disastrosi, ma sarebbe improprio attribuire a quel fenomeno le cause dell'incendio, come noto non nuovo negli ambienti mediterranei e non solo. Le cause delle eccezionali dimensioni degli incendi attuali, non solo nel Montiferru, vanno ricercate soprattutto nel fenomeno che vede le campagne delle aree interne sempre più vuote di uomini e di colture. La forte riduzione delle aree coltivate, dei vigneti e dei frutteti periurbani, il loro inselvatichimento, le antiche carrarecce invase dai rovi, sono inneschi sempre pronti ad essere accesi, da atti vandalici, da cause accidentali o dolose poco importa.

Si può dire che La Sardegna paga lo scotto di un processo di naturalizzazione che avviene senza una guida e un progetto con la mancanza di un presidio e di un costante controllo del territorio, che non può essere affidato esclusivamente alle forze dell'ordine. Invertire questa tendenza, o rassegnarsi a eventi che potrebbero essere sempre più gravi, ritengo che sia una condizione necessaria. Ma non mi sembra, che oltre alle enunciazioni di principio, si voglia affrontare in modo concreto con le risorse opportune per invertire la politica economica della Sardegna. In questo contesto anche lo straordinario patrimonio della rete di alberi monumentali che caratterizza la Sardegna con i suoi patriarchi è messo a rischio costante, come oleastro di Tanca Manna, purtroppo sta a dimostrare.©RIPRODUZIONE RISERVATA

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