La Nuova Sardegna

Oristano

Inchiesta Saltalafila, no dalla Cassazione

di Enrico Carta

Anche la Suprema Corte blocca la procura che voleva sospendere dal lavoro tre indagati per i vaccini a parenti e amici

27 novembre 2021
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ORISTANO. Ricorso inammissibile. Se non è la pietra tombale, potrebbe essere qualcosa che le assomiglia moltissimo. Anche la Corte di Cassazione esprime parere negativo nei confronti della richiesta della procura della Repubblica che aveva sollecitato l’interdizione dal lavoro dei medici Peppinetto Figus, direttore del Distretto socio-sanitario di Oristano, Salvatorangelo Piredda, coordinatore dei tre poliambulatori territoriali che fanno capo all’Assl, e Clelia Peddio, referente del poliambulatorio del capoluogo in via Michele Pira. Sono tre dei quindici indagati dell’inchiesta “Saltalafila”, quella per cui era stato contestato il reato di peculato e di abuso d’ufficio a chi si era occupato della somministrazione delle dosi di vaccino nella prima fase della campagna di immunizzazione generale.

Già la giudice per le indagini preliminari del tribunale di Oristano e il tribunale del Riesame di Cagliari avevano stoppato l’iniziativa della procura, tra l’altro con motivazioni molto pesanti che smontavano l’indagine nelle sue fondamenta. Ora arriva il parere negativo della suprema Corte che ha sicuramente un esito immediato e ne potrebbe arrivare un secondo nel momento in cui verranno rese pubbliche le motivazioni. Il primo risultato del provvedimento preso ieri e comunicato alle legali degli indagati, le avvocatesse Rossella Oppo e Anna Laura Lutzu, è che non c’è più spazio per un’applicazione della misura interdittiva: la richiesta della procura mirava infatti alla sospensione dal lavoro dei tre dottori.

Dopo il doppio diniego dei primi giudici, la parola ultima era proprio quella della Cassazione e il «no» al ricorso della procura diventa anche l’ultimo pronunciamento su questo aspetto. I tre medici resteranno quindi al lavoro senza alcun pericolo di veder interrotta la loro attività professionale. Non è però solamente questo l’aspetto per cui il pronunciamento di ieri può avere un peso notevole. Se la Cassazione dovesse fare proprie per intero le motivazioni già espresse negli altri due gradi di giudizio, ci sarebbe davvero poco spazio perché l’inchiesta vada avanti. Già il tribunale del Riesame era stato pesantissimo, peraltro riprendendo molti degli argomenti già evidenziati dalla giudice per le indagini preliminari Silvia Palmas. Bisogna a questo punto fare un passo indietro sino al momento in cui il sostituto procuratore Andrea Chelo indaga, nel bel mezzo degli accertamenti portati avanti dai Nas dei carabinieri, alcuni medici e infermieri: li accusa di aver utilizzato le dosi di vaccino a disposizione come se non fossero beni pubblici, ma oggetti di loro proprietà andando a somministrarli a parenti e amici, contravvenendo così anche alle disposizioni sulle categorie individuate come prioritarie per la somministrazione dal piano nazionale e regionale.

La giudice però, nel motivare il suo diniego alle misure cautelari, aveva spiegato che in quella fase iniziale della campagna vaccinale non esistevano ancora direttive chiare per cui dovessero essere obbligatoriamente chiamate alla somministrazione determinate categorie di persone. Così nessun reato sarebbe stato commesso nel momento in cui, per non sprecare dosi di vaccino, i medici presero il telefono magari per chiamare un parente o un conoscente e somministrargli la dose. Il tribunale del Riesame era stato ancor più netto spiegando che i medici «Hanno sempre agito nell’ambito delle loro funzioni e a vantaggio di persone ricomprese nel piano di vaccinazione» che, peraltro, includeva la totalità della popolazione italiana. Tra qualche settimana la Cassazione renderà pubbliche le motivazioni e per la procura la strada per trasformare da indagati in imputati le quindici persone sotto inchiesta potrebbe essere definitivamente sbarrata.

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