La Nuova Sardegna

Oristano

Pittura

Ecco “La magia del colore” di Mirella Mibelli al Museo Diocesano Arborense

di Enrico Carta

	Alcune delle opere di Mirella Mibelli esposte al Museo Diocesano Arborense
Alcune delle opere di Mirella Mibelli esposte al Museo Diocesano Arborense

Nello spazio espositivo di piazza Cattedrale a Oristano è stata inaugurata la nuova Sala Mythos proprio con l’esposizione di una quarantina di opere dell’artista sarda. Sarà visitabile sino al 28 gennaio

27 novembre 2023
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Oristano Dopo “Sé come un altro”, dove erano esposti autoritratti di tantissimi autori ammirati da oltre tremila visitatori nei mesi scorsi, arriva “La magia del colore” personale che ripercorre parte della storia artistica di Mirella Mibelli. Per il Museo Diocesano Arborense è un nuovo inizio che si accompagna all’inaugurazione della nuova Sala Mythos, ricavata da due ambienti precedentemente uniti al resto del percorso espositivo. Ora diventano spazi autonomi, più intimi e destinati a esposizioni, laboratori, incontri e eventi di livello che la città vorrà proporre.

Sabato 25 novembre, il taglio del nastro è coinciso con l’inaugurazione dell’esposizione di una protagonista delle formazioni che, sul finire degli anni Cinquanta del secolo scorso, hanno profondamente rinnovato gli orizzonti dell’arte e della cultura regionale. La  partecipazione di Mirella Mibelli alle collettive di Studio 58, come spiega il curatore della mostra Gianni Murtas, la colloca «nel novero degli artisti che ritengono conclusa la vitalità della tradizione secessionista e ormai superata la connotazione folclorica che l’arte sarda aveva avuto per oltre quarant'anni. Il contrasto con quella che aveva finito per essere una sorta di tradizione moderna dell’isola apre a scenari del tutto nuovi. L’iniziale opposizione al costume in nome di una libertà espressiva al passo coi tempi incrocia il piano ideologico e quello linguistico, e si radicalizza rapidamente Influenzata prima dalla formazione all’Istituto d’arte Zileri di Roma, e poi dalle esperienze maturate alla Scuola del Vedere di Kokoschka a Salisburgo».

Nata a Olbia nel 1937 – morirà a Cagliari il 31 agosto del 2015 – e trasferitasi a Cagliari con la famiglia non appena termina la Seconda guerra mondiale, sarà fortemente influenzata dal suo periodo di studi romani e quindi dalle frequentazioni austriache arrivando a «orientare la sua pittura su una raffinata combinazione tra la forza espressiva del tratto e il fascino evocativo del colore. La scelta dell’acquerello come tecnica privilegiata, adottata proprio a Salisburgo, resta nel tempo e la mostra trova un primo momento significativo in una serie di lavori caratterizzati da una figurazione minimale che mantiene comunque una forte carica narrativa».

Il 1960 è uno spartiacque perché è l’anno in cui si interrompe la ricerca, in seguito al matrimonio, «e tuttavia – spiega Gianni Murtas – si intuisce che le pulsioni non-figurative che sottendono i suoi acquerelli sono di altra natura rispetto ai riferimenti informali dominanti. La cosa si farà via via più chiara quando, alla fine del decennio, Mibelli riprenderà l’attività. In mostra due lavori dei primissimi anni Settanta rendono con assoluta evidenza il rapporto di filiazione con gli acquerelli precedenti, ma anche quando il segno si fa del tutto astratto l’artista sembra lontana dalle sperimentazioni materiche più frequenti. Consumato il senso di svolta epocale che la pittura informale aveva avuto nell'immediato dopoguerra, l’apertura del fronte astratto alle esperienze della avanguardie storiche riannoda i fili di un percorso che ha origini a inizio secolo e le si rivela molto più congeniale. Così la progressiva rinuncia alla figurazione non è per lei un venir meno alle matrici originarie del suo lavoro; anzi, nelle sofisticate velature dell’acquerello finisce per condensarsi una parte importante della memoria visiva, e questo consente di non disperdere mai del tutto le suggestioni reali».

Nei dipinti degli anni Ottanta e Novanta del ’900 si ritrova un intreccio di spunti naturalistici e di processi astrattivi che richiamano le opere e la visione artistica di Paul Klee e di Vasilij Kandinski. Tra le poche eccezioni in un percorso ormai stabilmente non figurativo ci sono poi le opere realizzate nel 1989 a Salisburgo all’interno del laboratorio con Jörg Immerdorff.

«I lavori di Salisburgo, rappresentati in mostra dallo studio su Nostra Signora Martinicca, sono dipinti particolari, che uniscono l’aspetto occasionale del tema scelto nel laboratorio con un momento particolarmente drammatico della vita dell'artista, a cui era stata appena diagnosticata una grave malattia – spiega ancora Gianni Murtas –. Anche le xilografie di Fogli di Festa possono esser viste come una sorta di sperimentazione extraterritoriale, poiché rivelano una vena giocosa che incrocia la dimensione ludica del tema con la possibilità di misurarsi con una radicata tradizione tecnica dell'isola. I ritorni nell’ambito della figurazione restano comunque eventi sporadici perché gli effetti cromatici che si ottengono con gli interventi sulle lastre sono pensati come un arricchimento espressivo di una manualità in perenne evoluzione».

LE NUOVE SALE La personale di Mirella Mibelli è però anche un punto di partenza per il Museo Diocesano Arborense, non solo perché segue il grande successo della precedente mostra “Sé come un altro” che ha attirato anche molti osservatori non sardi, specialmente nel periodo estivo. È un nuovo inizio perché coincide con l’inaugurazione della Sala Mythos, uno spazio che nel suo significato originario del greco antico è destinata proprio al «racconto» e alla «fantasia». Nelle intenzioni del museo, come spiega la direttrice Silvia Oppo, «questo nuovo spazio avrà molte funzioni. Sarà un luogo aperto alla città per proposte di livello che il Diocesano mette a disposizione di artisti, associazioni, singoli e gruppi per ospitare esposizioni, mostre, momenti di incontro culturale, laboratori. Sarà uno spazio meno istituzionale rispetto alle altre sale del museo».

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