La Nuova Sardegna

Morti alla Saras, cinque milioni alle famiglie

Mauro Lissia
Il presidente della Saras Massimo Moratti al funerale dei tre operai morti sul lavoro
Il presidente della Saras Massimo Moratti al funerale dei tre operai morti sul lavoro

L'incidente nella fabbrica di Sarroch. Il 26 maggio del 2009 persero la vita tre operai. L’accordo sul risarcimento arriva a pochi giorni dall’avvio del processo: i Moratti pagano l'importo massimo previsto

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CAGLIARI. I familiari dei tre operai morti soffocati nell'accumulatore D106 della Saras il 26 maggio 2009, escono dal processo contro i dirigenti della raffineria e della ditta d'appalto per la quale lavoravano: i legali dei Moratti e quelli delle parti offese hanno raggiunto un accordo di transazione sul risarcimento. In tutto i genitori, i fratelli e le sorelle delle vittime riceveranno cinque milioni di euro, la cifra massima stabilita nelle tabelle del tribunale di Cagliari.

I Moratti verseranno subito la somma pattuita, che corrisponde più o meno alla metà dello stipendio annuale dell'attaccante camerunense Samuel Eto'o. Una cifra enorme per chiunque, ma sicuramente compatibile con la posizione finanziaria degli imprenditori milanesi che grazie a questa scelta strategica terranno fuori dal processo per omicidio colposo plurimo - che riguarda come responsabile amministrativo anche il coamministratore di Saras Gianmarco Moratti - i legali delle famiglie.

Nel corso dell'inchiesta giudiziaria seguita all'incidente, gli avvocati Carlo Monaldi, Mario Maffei, Mauro Cuccu, Ettore Cinus e Giampaolo Manca erano stati attivissimi nella produzione di documenti, perizie, dati tecnici rivolti a dimostrare quello che poi hanno confermato - secondo la lettura dei pubblici ministeri Emanuele Secci e Maria Chiara Manganiello - le relazioni dei tre periti: la tragedia era evitabile, le responsabilità per la morte di Bruno Muntoni, Luigi Solinas e Daniele Melis ci sono e quindi la vicenda deve essere trattata in un processo penale.

Un processo importantissimo in una fase storica in cui, a partire dal caso Thissen-Krupp, la sensibilità generale per la sicurezza negli stabilimentio industriali è fortemente cresciuta. L'accordo extragiudiziale è arrivato a pochi giorni dall'udienza preliminare: il prossimo 17 febbraio la Procura chiederà il rinvio a giudizio degli indagati e il gup Giorgio Altieri dovrà decidere se accogliere la richiesta. Non c'è aria di riti alternativi: l'orientamento dei difensori, se giudizio sarà, è di andare al dibattimento pubblico.

Gli indagati sono il direttore generale della Saras Dario Scaffardi, il direttore operazioni industriali Antioco Mario Gregu, il direttore della raffineria Guido Grosso, il responsabile dell'area produttiva Antonello Atzori e il responsabile legale della ditta Co.me.sa Francesco Ledda. Gianmarco Moratti è chiamato davanti al giudice come responsabile civile, quindi non rischia una sanzione penale. La tragedia del 26 maggio 2009, quando i tre operai della ditta d'appalto Co.Me.Sa. morirono soffocati nel polmone d'acciaio del Mild Hydro Cracking, a Sarroch, per i pubblici ministeri è figlia dell'incuria e la sicurezza sul posto di lavoro non fu garantita.

Sono quattordici gli errori individuati dai consulenti dei pm in un documento spietato, errori posti a base delle contestazioni ai quattro dirigenti Saras imputati di omicidio colposo assieme al capo della Co.Me.Sa. Fu Luigi Solinas ad entrare nell'accumulatore D106 che lui e i suoi colleghi dovevano lavare, convinti che la procedura di bonifica con azoto fosse finita. Invece nel polmone, la cui bocca di lupo era aperta, da un tubicino fuoriusciva ancora il letale gas cha brucia l'ossigeno.

Non c'era alcun cartello o segnale di pericolo. Quando Solinas si infilò nell'apertura, non aveva con sé il rilevatore d'ossigeno che gli avrebbe salvato la vita. Lunghissimi attimi, forse minuti, trascorsero da quando Luigi era sparito, al momento in cui Muntoni e Melis si accorsero della sua assenza. Ebbero la sventura di cercarlo proprio lì dove giaceva ormai senza più vita: del resto nessuno aveva realizzato che quella cisterna si era trasformata in una tomba. Moriranno anche loro in pochi secondi, uno dopo l'altro, dentro quella micidiale cisterna priva d'ossigeno.

Appena pochi giorni dopo l'incidente i fratelli Moratti avevano deciso di destinare in ogni caso alle famiglie dei tre operai una sorta di vitalizio a titolo di risarcimento. Hanno rispettato l'impegno, ma da allora ad oggi la situazione è cambiata: da spettatori addolorati di una tragedia i vertici della grande raffineria di Sarroch ne sono diventati i presunti responsabili.

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