La Nuova Sardegna

Restauri selvaggi, a rischio fari e torri costiere

Giorgio Todde
La torre aragonese di Torre delle Stelle
La torre aragonese di Torre delle Stelle

A Torre delle Stelle una torre aragonese dipinta di rosa

05 gennaio 2012
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Nessuna coscienza o misura reale di noi stessi, nell'isola. E quando qualcuno ci ha indicato la bellezza dei luoghi, noi, sentendoci scaltri, li abbiamo subito offerti in saldi. E tanto più era bello ciò che possedevamo, tanto più, in spaventosa proporzione, lo abbiamo venduto e annientato. Questa l'amara, necessaria premessa.

Una delibera regionale affida alla nostra Conservatoria delle coste la gestione dei più bei fari dell'isola che il funzionario chiama «simboli della forza naturale del mare». I fari dovranno essere recuperati e destinati a usi «culturali e economici». La delibera tira in ballo anche la competitività. I fari sardi saranno, dicono, competitivi. E riconosciamo con un sussulto il linguaggio dei «valorizzatori».

La manutenzione e il recupero dei bei fari sarebbero possibili, utili e opportuni. Ma le parole «recupero, conservazione, valorizzazione» hanno da noi assunto un significato sinistro e annunciano rovina. Daranno in concessione i fari per alcune decine d'anni a privati per fini «culturali e economici». Su quel «culturali» nutriamo dubbi. Sulla parola «economici» no. Essa ha un solo indubitabile significato. Gli infelici fari stanno per essere «valorizzati». «Valorizziamo» è il grido di guerra sviluppista.

I fari delle nostre coste sono tanti e, ovviamente, situati in zone solitarie, aspre e belle. E qua sta il punto. La parola «restauro» non dovrebbe far paura, anzi. Ma quello che accadrà ai fari dell'isola - dove una «valorizzazione» dopo l'altra, il paesaggio si è perduto - ci preoccupa perché sino a oggi, quello che è stato avvistato dai «valorizzatori» è finito distrutto. La Conservatoria delle coste della Sardegna, nata nel 2007 non è mai stata messa nelle condizioni di agire. Basta un'occhiata a quello che ha fatto in trentacinque anni di attività «le Conservatoire» francese nella sorella Corsica per comprendere che qua mal funziona e non salva neppure polpi e ricci in estinzione.

Osservate la foto della torre aragonese di Torre delle Stelle in questa pagina: sembra una casa d'appuntamento a buon prezzo. Sfigurata, con il permesso della sovrintendenza, da un cattivo gusto «en rose» epidemico e mortale. Tutto, però, secondo le regole. L'hanno «valorizzata» e trasformata nell'unica torre rosa confetto del Mediterraneo. Osservate, per non fare torto alle zone interne, la torre di Ghilarza, sventrata dal cemento armato. Ecco i nostri restauri e le nostre valorizzazioni.

Credevamo che i fari fossero salvi, belli sino a che nessuno li ha guardati, sino a quando erano dimenticati. Sì, perché l'unica forma di conservazione di cui siamo capaci è l'oblio o l'abbandono. Sino a che non appaiono i «valorizzatori», sempre animati dalla stessa ossessiva idea. Sempre lo stesso anche il vocabolario. I fari volàni dello sviluppo, la crescita passa per i fari, lo sviluppo sostenibile dei fari da trasmettere alle generazioni successive, quelle che non riconosceranno la Sardegna nelle foto di pochi anni fa. E non perché sarà diventata più bella.

La vista è il più peccaminoso e dannoso dei sensi. Sì, perché una volta visti, i fari sono perduti, destinati alla valorizzazione, diventeranno come la torre rosa di Torre delle Stelle. Un bel libro sui nostri fari è stato dato alle stampe, compriamolo perché i fari come sono non li vedremo più. Anche i fari, tra restauri rosati e competitività, sono destinati a perdere ogni fascino e faranno la fine dei nostri centri storici, ricoperti da una crosta fasulla e uniforme che ha reso uguale ogni paese, di pietra o di ladiri che fosse.

Noi speriamo, speriamo d'avere finalmente torto perché questa vittoria «del brutto e del finto» e del finto che è peggio del brutto, genera una duratura e radicata povertà. Ma se chi cerca nell'isola il «bello e l'autentico» troverà cemento dappertutto, foreste di pale eoliche, colline di pannelli fotovoltaici, pianure di campi da golf, paesi dai colori postribolari, un «paesaggio falso» dappertutto, perfino nelle rocche dove i fari resistevano ai «valorizzatori», be', quel viaggiatore fuggirà inorridito.

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