La Nuova Sardegna

Chimica verde, la sfida e le incognite «Vogliamo garanzie»

di Gianni Bazzoni
Chimica verde, la sfida e le incognite «Vogliamo garanzie»

Assemblea a Porto Torres con Enipower, il territorio chiede rassicurazioni : «Non si può giocare con la salute»

27 settembre 2012
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PORTO TORRES. Alla proiezione delle slide sulla centrale biomasse che verrà, come al cinema che da tanti anni è solo un ricordo da queste parti. Sala gremita e posti in piedi alla «Filippo Canu», in pieno centro, per la prima dell’impianto Enipower che si vuole realizzare nello stabilimento petrolchimico, nell’ambito del progetto collegato alla chimica verde. Polizia e carabinieri, vigili urbani, Digos: chissà perché è passata l’idea che possano esserci delle contestazioni. Invece del «fronte del no e basta» non si vede nessuno, troppo complicato mettersi faccia a faccia con chi vuole capire se è meglio niente oppure un sistema di sviluppo compatibile con l’ambiente che - da queste parti - attende ancora che passi il treno delle bonifiche. In fondo ci vuole anche coraggio.

Nella città che ha perso l’industria e il lavoro, dove hanno rubato il futuro ai giovani senza neppure offrire una timida alternativa, dove le famiglie sono diventate numeri nelle statistiche della disoccupazione e dell’assistenza sociale, per la prima volta si fa un’assemblea pubblica per provare a parlare di una speranza. Di un fenomeno nuovo, che va governato da persone capaci, adeguatamente preparate, con la forza di imporre anche soluzioni diverse se solo si intuisce che - dietro quelle immagini a colori - può esserci l’idea di una nuova stagione fatta di fumi e inquinamento. Porto Torres ci arriva con il passo pesante, con la giunta comunale ridotta e anche confusa da una crisi interna che a distanza di mesi appare ancora senza soluzione, quasi al buio. In platea, le facce che raccontano storie: quelle dei lavoratori della Vinyls appesi a un filo brasiliano, i soliti politici per tutte le stagioni che - se anche cambiano casacca - non rinunciano mai a dire che va tutto male. I pensionati del Petrolchimico che, ora che stanno fuori, odiano la fabbrica e sono tecnici che sanno tutto, mentre prima guai a chi li disturbava nel loro angolino di stabilimento. E gli studenti, i giovani con quell’aria curiosa e preoccupata, per i loro genitori e per se stessi, a cercare di intuire il finale del film. Poi gli agricoltori, che cercano di capire se ne vale la pena, se la coltivazione del cardo per la centrale può essere una opportunità, se l’indennizzo per quei terreni messi al servizio della green-economy è l’alternativa. I dirigenti di Enipower proiettano immagini, snocciolano dati, i tecnici spiegano come funzionerà. La linea è la stessa dell’assemblea del giorno prima a Sassari, solo che cambia il clima. I sindacati hanno portato anche i lavoratori dell’industria: hanno chiesto di partecipare, e loro non si sono tirati indietro. La partecipazione è lo spirito della democrazia, e chi è contrario alla centrale e alla chimica verde lo dice. Ma la stragrande maggioranza dei presenti vuole soprattutto sapere, conoscere, capire. Ci sono 5mila disoccupati, centinaia e centinaia di nuclei familiari senza reddito, ma nessuno si sogna di barattare il lavoro, un lavoro qualsiasi, con niente, con l’assenza di garanzie per la salute e l’ambiente. Le bonifiche le vogliono tutti, e ormai è chiaro che la battaglia si può vincere se i cancelli della fabbrica restano aperti, se si creano le condizioni per avviare nuove iniziative.

L’assessore provinciale all’Ambiente Paolo Denegri, ricorda l’importanza del tavolo tecnico con gli Enti locali, per un confronto continuo: «Si può fare anche a Porto Torres, qui dove si insediano gli impianti della chimica verde, in fondo è giusto così».

Bastianino Gaspa, agricoltore, la mattina si sveglia presto, è lì insieme ad altri colleghi. «Quanti terreni servono, quanti ne dobbiamo mettere a disposizione? E soprattutto quando si potrà parlare seriamente di contratti, di tutto ciò che riguarda da vicino la nostra categoria?». Sembra quasi strano che per una volta agricoltura e industria possano ragionare insieme, ma è questa la scommessa da giocare. Il dubbio più pesante è quello di una centrale biomasse «che non sarà mai inceneritore, non brucerà rifiuti, neppure le eco-balle di Scala Erre», conferma Enipower. Gianpiero Murgia (Cisl), chiede garanzie per l’occupazione locale, il rispetto dei tempi per le autorizzazioni. Si chiude dopo più di tre ore, con la guardia alta per evitare altri colpi da ko. E con la speranza di riuscire a ritrovare il lavoro in una città che ha perso tutto. Anche la fiducia.

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